Alice Rohrwacher

Drammatico

Alice Rohrwacher La Chimera


2023 » RECENSIONE | Drammatico | Commedia
Con Josh O`Connor, Isabella Rossellini, Carol Duarte, Alba Rohrwacher, Vincenzo Nemolato, Luca Chikovan



02/01/2024 di Laura Bianchi
"Voli imprevedibili ed ascese velocissime, Traiettorie impercettibili, Codici di geometria esistenziale...". Il testo de Gli Uccelli di Franco Battiato, che si ascolta alla fine de La Chimera, l'ultimo, incantato film di Alice Rohrwacher, potrebbe efficacemente sintetizzare il messaggio sotteso alla vicenda. Un percorso esistenziale impercettibile, imperscrutabile, imprevedibile, che mette in comunicazione il mondo sopra e quello sotto questa crosta di terra, l'aldilà e l'al di qua, il passato e il presente, la storia e la cronaca, e un'altra mezza dozzina di coincidenze di opposizioni.

La regista - sì, un'altra regista donna, in un 2023 così importante per la questione di genere - realizza la sintesi su molti piani: narrativo, con il romanzo di formazione di Arthur, "spasimante dell'archeologia" (come viene definito in uno degli splendidi intermezzi a stornello di Valentino Santagati, dall'eco pasoliniana, fra i momenti più alti del film), rabdomante di opere d'arte etrusche, innamorato di una chimera privata, la giovane, bellissima Beniamina, morta, quindi assente, ma più presente di tante figure femminili che lo circondano, proiezione delle dee etrusche protettrici dell'Oltretomba.

Poi, a livello tecnico, poiché Rohrwacher contamina i formati, passando dal super 16 al 35 millimetri, e mescolando inquadrature iperdefinite ad altre sgranate o sovraesposte. Oppure, usando tecniche come la velocizzazione, l'inquadratura che ruota di novanta gradi, o la rottura della quarta parete, come nella sequenza chiave, in cui una testa di dea etrusca scende nell'acqua, e noi vediamo attraverso i suoi occhi di pietra.

Inoltre, a livello ideologico; la vicenda, che si svolge negli anni Ottanta, profetizza il degrado culturale, sociale, ambientale, della nostra "povera Italia, schiacciata dagli abusi di potere", fra ipogei silenti sotto spiagge deturpate, trafficanti di opere d'arte senza scrupoli e avidità a tutti i livelli di classi sociali.

Infine, a livello figurativo, in quanto le immagini proposte accostano situazioni di crudo realismo a forme di grande eleganza compositiva e scenografica, a volte anche coreografica - la splendida sequenza del Carnevale queer fra le strade medievali di un paese etrusco - o da musical, come il già citato, efficacissimo, inserimento degli stornelli.

La regia si muove sicura, nel montaggio e nella realizzazione di un messaggio composito e postmodernista, a più strati, cosicché lo spettatore ingenuo (parafrasando Eco) si appassiona alla ricerca dei tombaroli, alla tensione del ritmo durante la loro visita al ricettatore Spartaco (un'algida, cinica Alba Rohrwacher) sul lago dei Quattro Cantoni, al pedinamento del protagonista, sempre più ascetico, allucinato, stropicciato e ispirato (uno straordinario Josh O'Connor), e alla storia d'amore sbilenca e imperfetta con l'immigrata irregolare brasiliana dal nomen molto poco omen, Italia, un'intensa Carol Duarte.

Invece, lo spettatore esperto ricostruisce le suggestioni orfiche di Dino Campana, altro toscano illustre e visionario, il mito di Euridice e Orfeo, col filo rosso che conduce Arthur a trovare la sua amata Beniamina, la denuncia felliniana (la sequenza che omaggia Roma) alla violazione del passato e alla mercificazione dell'arte, l'impianto autenticamente femminista, con Isabella Rossellini al centro di una sorta di matriarcato imperniato sul bel canto - com'è ovvio che sia, con Orfeo e Euridice di Monteverdi a farla da padrone - e molti altri richiami, che non scadono mai nel citazionistico o nello snobistico.

Fra i richiami, anche quello di Battiato, citato prima; a suggellare il tentativo umano di dare forma, con l'arte, la cultura, la musica, al desiderio di unire gli opposti, come gli uccelli, sospesi tra terra e cielo. Ma forse, come diceva Montale, noi siamo della razza che rimane a terra.