Matteo Garrone

Drammatico

Matteo Garrone Io Capitano


2023 » RECENSIONE | Drammatico | Avventura
Con Seydou Sarr, Moustapha Fall, Issaka Sawagodo



05/03/2024 di Laura Bianchi
Siamo sicuri che sia opportuno premiare Io Capitano, il film di Matteo Garrone candidato agli Oscar 2024 come miglior film straniero? L'argomento è forse fin troppo attuale, scottante, scomodo; il punto di vista di due giovanissimi migranti, nella loro odissea privata da Dakar all'Italia, potrebbe essere difficile da sostenere, rendendo quasi impossibile attivare uno dei meccanismi piú consolidati nel rapporto tra attore e spettatore, ossia l'empatia, il rispecchiamento..

Nessuno degli spettatori ha mai vissuto infatti le privazioni, gli stenti, i ricatti, le sopraffazioni, le violenze che ha subito Seydou (uno straordinario Seydou Sarr, Premio Mastroianni a Venezia) e il suo amico Moussa (Moustapha Fall); e c'è chi dice che quanto Garrone ci mostra, pur desunto dai racconti dei migranti, nella rotta dal Senegal all'Italia, passando per il deserto e le famigerate carceri libiche, sia una versione edulcorata della realtà. Eppure, per chi segue le vicissitudini di Seydou, l'opera di Garrone si manifesta in tutta la sua viva e vibrante necessità, sorretta da un'idea poetica fondamentale. Il racconto si fa epica, e lo sguardo intenso e incantato, caparbio e dolcissimo di Sarr racconta i sogni e le illusioni giovanili di chiunque abbia avuto sedici anni, e sia nato in qualunque parte del mondo: la voglia di partire, di staccarsi dall'alveo materno, di recidere il cordone ombelicale, di sperimentarsi nel vasto mondo.

Necessità di autonomia e di consapevolezza, che si scontra con gli ostacoli posti, nell'itinerario, alla realizzazione dei sogni, che perdono lentamente i loro colori caldi, accoglienti, accudenti (splendidi, quelli senegalesi, della prima parte del film), per assumere quelli duri, lancinanti, abbaglianti, del deserto, fino a quelli opachi, violenti, contrastanti, della prigione, inferno in terra. Garrone attua, nell'impostare la sceneggiatura (scritta con Massimo Gaudioso, Massimo CeccheriniAndrea Tagliaferri), una scelta vincente, che gli ha valso il Leone d'Oro a Venezia: puntare sull'energia caparbia e volitiva, ingenua ed entusiasta, dei due ragazzi, e trasformare ogni tappa del loro viaggio in un simbolo della forza con cui perseguire i sogni. Questi infatti si ripresentano, a ogni snodo narrativo, insieme sotto forma di visione nostalgica, viatico stimolante, benedizione sublime di una Mama Africa che lascia andare, ma non dimentica i propri figli.

Se Omero fa del nòstos di Ulisse, ossia del suo ritorno a casa, il perno su cui fare ruotare il senso di identità di tutto un popolo, quello greco, composto di tante città, spesso in lotta tra loro, ma unite dal sentimento religioso di appartenenza a un'unica fede, Garrone trasforma l'odissea di Seydou in un'esplorazione metaforica del vissuto umano, attraverso le illusioni, la violenza, la morte, verso la consapevolezza e la fiducia in sé. 

In un mondo liquido, senza più certezze, navigare sul Mare Nostrum gridando "Io Capitano!" potrebbe essere l'unica salvezza all'abbrutimento a cui siamo tentati di soggiacere. 

Per questo speriamo che l'Academy lo premi. Perché questo film non è italiano,  ma umano.


Commenti

Claudio Mariani


Film prezioso, quasi un capolavoro. Bravissimo Garrone.

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