Israele

Israele: un viaggio all’interno della complessità dell’animo umano.

03/07/2020 di Liliana Chemotti

Quattro viaggi in 10 anni, quattro modi diversi di visitare una terra che affascina, inquieta, interroga e da cui ritorni con la voglia di rivederla, per conoscere meglio arte, storia, cultura e religione.

Il viaggio inizia già a Malpensa, chi viaggia spesso si accorge subito che verso Israele i controlli sono molto più serrati, che devi avere pazienza, sottoporti ad un ‘intervista con domande spesso ridicole, per arrivare al check in percorri un passaggio obbligato e militarizzato dove ti senti letteralmente sotto tiro. Sensazione che stranamente non provo arrivando a Tel Aviv dove negli anni si sono conformati alle esigenze del mondo e non occorre neppure più pregare che non ti timbrino il passaporto, ti danno direttamente un piccolo cartoncino che lascia immacolato il tuo documento.

Inizia il tragitto che ci porta alla prima tappa del viaggio e subito mi accorgo dei grandi investimenti in infrastrutture, grandi cantieri per enormi strade di collegamento, come ci ricorda la guida il benessere di un paese lo vedi dalle opere che si costruiscono, per la prima volta ho una guida ebrea ed il taglio diverso nella presentazione dei fatti è innegabile. Grande orgoglio nel parlare dei cantieri che saranno una costante di tutto il viaggio, come sarà una costante vedere l’investimento in piantumazione fatto in queste terre prevalentemente sassose, che lentamente ha portato ad avere boschi diffusi dove prima vi erano solo sterpaglie, una oculata cura di un territorio inospitale che negli anni si sta trasformando, grazie anche all’estrema attenzione nel riciclo delle acque d’altronde in molti modi la storia ha insegnato che l’acqua può fare la differenza, acqua che in Israele vede opere antiche nella stessa Gerusalemme ma anche a Megiddo che dimostrano come noi non abbiamo inventato nulla che già non si sapesse sulla canalizzazione, acqua che è stata nel recente passato causa di guerre, di soprusi, di accordi anche con la vicina Giordania, acqua che Israele ha usato anche come strumento di ricatto.

Gerusalemme appare all’improvviso di fronte a noi dal monte degli ulivi, la luce del crepuscolo le dona una magia inaspettata, la città bianca, la spianata, la cupola d’oro, la moschea di Al-Aqsa hanno un fascino particolare, ed altrettanto interessante è il mattino successivo il giro sulle mura della città, un percorso che permette di ripassare la storia e le vicende di quella che viene definita L’ombelico del mondo.

Nel primo pomeriggio affrontiamo la più grande contraddizione di questa terra, Betlemme dista solo una manciata di Km. ma sembra di entrare in un’altra realtà, già l’impatto con il muro è angosciante, il muro esiste per rispondere alle paure degli israeliani. Il terrorismo e la sicurezza sono il dritto e il rovescio del muro. Così la linea di cemento alta 12 metri appare come un incubo che pesa su entrambe le parti . Il muro si insinua e porta desolazione ovunque passa, una linea tracciata a tavolino, nella mappa dei territori che Israele ritiene sua giurisdizione, una barriera di cemento che provoca discordia e incomunicabilità tra le persone, e nega ad una popolazione, che da generazioni vive in quella terra, la libertà di movimento, il diritto naturale a spostarsi per usufruire di quanto una società civile può garantire per il benessere delle persone, e proprio valicando muro, incrociamo la fila paziente che si sottopone agli estenuanti controlli per un lavoro a giornata, per racimolare pochi shekel.

Palpabile la differenza entrando nel centro di Betlemme rispetto a tre anni fa, la maggior parte delle botteghe artigianali chiuse, un senso di abbandono, di estrema povertà non solo economica. Un paese isolato entro delle mura non ha scambi di nessun genere, non respira, si ripiega su se stesso, e mi chiedo le ragioni di un conflitto che non riguarda tanto le etnie e le religioni, ma i rapporti di lavoro, lo sfruttamento in assenza di diritti e la proprietà della terra. Gli insediamenti sono un’altra cosa che colpisce l’occhio e l’obbiettivo, ma di Territori Occupati gli ebrei non vogliono sentir parlare. Questa è Israele da sempre. L’invasione sionista viceversa è il ritornello infinito degli arabi. Il confine tra antisionismo e antisemitismo dipende dalle interpretazioni, le propagande spingono per un’idea o per un’altra. Molti concetti deformati vengono poi rimbalzati in Occidente, dove il conflitto arabo-israeliano serve cause politiche e pregiudizi.

Le ripercussioni di tutto ciò le capiamo nel modo più terribile, visitando La Crèche (orfanotrofio) ed ascoltando il racconto di chi da tempo lo dirige, le unioni tra consanguinei in questi territori isolati e impoveriti sono in grande aumento ovviamente e la conseguente nascita di bimbi con malattie genetiche, come sono in aumento gli stupri e incesti familiari, ed ecco spiegato anche l’aumento di bimbi abbandonati accolti ed amorevolmente curati in attesa di future adozioni, possibili però solo da parte di famiglie musulmane, le famiglie cristiane non possono adottare. Qui i cristiani sono minoranza nella minoranza,

per cui la vita è se possibile ancora più complicata, rifiutati dagli altri arabi perché non musulmani e da Israele perché non ebrei.

Si esce turbati dopo aver sentito la viva voce di chi subisce ogni giorno le fatiche dell’emarginazione, si esce ancor più turbati dopo aver visto i bimbi, dopo aver visto la loro eccitazione, dopo aver ascoltato le loro urla felici in un corridoio pieno di pupazzi e seggioloni, guardando la loro totale disponibilità verso degli emeriti sconosciuti, la loro capacità di andare oltre….oltre la differenza di lingua, oltre la differenza di razza, la loro capacità di accogliere il diverso come forse noi adulti non sappiamo più fare.

Ed assume un significato particolare entrare subito dopo nella Basilica della Natività.

L’accesso è attraverso una minuscola porticina alta non più di 130 cm, dove sei costretto a chinarti, non a caso è chiamata porta dell’umiltà. Noi oggi possiamo vedere questa straordinaria costruzione nelle forme che Giustiniano volle quando ne ordinò la ricostruzione, e questo perché essa è stata sempre rispettata, e quindi risparmiata. Unico esempio uscito indenne dalla distruzione dei santuari cristiani in Terrasanta. E ancora oggi la Basilica è oggetto di pellegrinaggio per migliaia di turisti e pellegrini musulmani che entrano con rispetto e si radunano in preghiera insieme a latini, ortodossi russi e greci, armeni, laici perchè anche senza essere particolarmente credenti, emoziona scendere le scale che portano alla grotta dove la tradizione colloca la nascita di Gesù, e sostare brevemente davanti alla stella a 14 punte fissata a pavimento dai Francescani, a memoria del luogo esatto.

In questa terra ricca di memoria, di fede e di contraddizioni si impara presto entrando in alcuni luoghi speciali per la cristianità che si convive con altre religioni, con altre culture ed alle volte si convive a fatica, alle volte neppure lo STATUS QUO evita liti accanite, ma qui a Betlemme si sta realizzando un progetto straordinario, il restauro della Basilica, un opera di grande respiro culturale, ma anche emblematica della cooperazione tra istituzioni diverse, private e pubbliche, tra diverse religioni e confessioni, fra maestranze di tutti i Paesi, un restauro guidato da un’azienda italiana, con una donna a capo dei lavori che ha visto l’accordo totale e collaborazione tra i rappresentanti delle tre religioni che hanno in carico la chiesa - armeni, ortodossi e cattolici - che si dividono ogni singolo mattone del preziosissimo luogo secondo regole ferree. Tutto questo, per chi conosce la Palestina, è già un piccolo miracolo.

Ripercorriamo al contrario la via dei Patriarchi per tornare a Gerusalemme e su una vasta area collinare ci fermiamo, da qualche anno è stato inaugurato un parco dedicato alla pace, luogo di incontro e di dialogo tra le tre religioni che vivono in questa terra, la panoramica che si contempla da alcuni dei suoi belvedere è veramente bella. Si intravedono le antiche valli sulla quale Gerusalemme è stata costruita, la valle della Geenna, quella del Tyropeon e del Cedron, mentre al centro emerge, come un trofeo, la cupola dorata della Roccia sull’anticha spianata del tempio erodiano, uno dei luoghi più sacri per i musulmani. Peccato che lo sguardo sia subito disturbato dalla città moderna, che cresce come una macchia gigantesca con i suoi alti palazzi, e i numerosi insediamenti di coloni senza alcun criterio urbanistico che rispetti quell’ambiente così unico al mondo. La straordinaria luce di Gerusalemme, quella luce che al tramonto si riflette dorata sulle vecchie mura ottomane.. Nella quiete del parco viene da chiedersi quando ci sarà pace per Gerusalemme.

Girando per le strade della città vecchia si incontrano persone di tutte le età che portano avanti le loro attività, senza rassegnarsi a una situazione che diventa sempre più dura e adattandosi alle condizioni di vita sempre più precarie. I più anziani manifestano il loro scetticismo, non attendendo alcun miglioramento se non quello che può essere inaspettatamente elargito dalla magnanimità del loro Dio (inshallah), ormai sfiduciati in un dialogo tra ebrei e palestinesi, forse tra la generazione dei più giovani si trova qualche spiraglio di speranza, ma anche essi non credono alla politica di un governo che si ritiene democratico ma che nega loro i più elementari diritti di movimento e di espressione, nella pratica quotidiana di un’umiliante ed esasperante apartheid. I giovani ebrei che si addentrano nei vicoli della città vecchia per andare a pregare al cosiddetto muro del pianto, girano armati di fucile o mitra e portano sofisticati sistemi radio per essere sempre rintracciabili, come se fossero in territorio nemico, in una situazione di guerriglia. Ma per le strade del quartiere arabo si sente solo la voce dei commercianti o del muezin della più vicina moschea, lo schiamazzo dei bambini che giocano e nessun grido di minaccia o di aggressione, si gira in un caos indescrivibile ma pacifico, non si respira tensione ma solo profumi, profumi di cibo, di spezie. Gli occhi si perdono tra i colori delle bancarelle di frutta ed ortaggi enormi, tra i visi dalle mille etnie.

Ed è attraversando le strette vie del suk che si arriva al cuore pulsante della cristianità, la Basilica del Santo Sepolcro, osservando la facciata è possibile notare una piccola scala a pioli di legno, in apparente precario equilibrio appoggiata sul cornicione ai piedi di una monofora, ha una storia curiosa essendo li dal 1854, è chiamata la scala inamovibile ed è il simbolo del famoso Status quo, il decreto che regola i diritti di proprietà e di accesso delle comunità cristiane.

La Basilica è luogo per eccellenza per chi crede, testimonianza della passione, morte e risurrezione. E pur nel caos totale di questo luogo conteso da millenni, dove si sono verificati i litigi più accesi in nome di una supremazia religiosa, si respira l’intensità della fede, si esce emotivamente toccati dopo aver visto la devozione, la commozione sui visi delle persone che pazientemente attendono in fila di poter accedere all’edicola centrale con la pietra tombale, che lentamente sfilano davanti alla roccia del Golgota, si inginocchiano, pregano.

Ma è ora di lasciare questi luoghi per spostarsi verso la costa e risalire versa la Galilea, non prima di aver fatto una visita al meraviglioso museo d’Israele, organizzato in modo tale da permettere una miglior comprensione dei 5000 anni di storia mutevole ed articolata di questa terra, ed ovviamente di entrare ad ammirare i famosissimi rotoli di Qumran o manoscritti del Mar Morto, manca il fiato in questo padiglione speciale a forma di tappo d’anfora, manca il fiato un po' per il microclima ma anche per lo stupore che si prova difronte a questi scritti nel pensare che hanno più di 2000 anni, una biblioteca spettacolare.

La sosta successiva è all’ultima capitale crociata di Terra Santa, Akko oggi patrimonio mondiale unesco, una cittadella crociata all’interno di possenti mura che fermarono persino Napoleone che assediò inutilmente la città per due mesi. Il racconto delle vicende, delle battaglie di questi luoghi è affascinante e riporta alla mente refusi di studi ormai lontani nel tempo ed in alcuni spazi dà la sensazione che il tempo si sia fermato, all’interno della cittadella vi è un percorso interattivo che ricostruendo i suoni ed i rumori tipici del tempo, permette un viaggio sensoriale ed immaginario. Lo stesso fascino che scaturisce da un altro sito archeologico, uno dei più importanti del periodo biblico, Megiddo, da cui trae spunto il simbolismo apocalittico armageddon, teatro di importanti battaglie, l’ultima in ordine di tempo durante la prima guerra mondiale.

Un viaggio articolato che tocca molte corde, che obbliga a documentarsi, che impone serie riflessioni sulle vicende della storia passata ma ancor più sulle vicende recenti, un viaggio che non è solo un visitare luoghi artistici o siti archeologici, è un viaggio all’interno della complessità dell’animo umano, all’interno della complessità di una terra dove vivono fianco a fianco ebrei, musulmani e cristiani, tre comunità differenziate da una profonda varietà di tradizioni, lingue, riti e provenienze, dove l’identità, l’appartenenza sono definite dalla propria fede, un concetto molto diverso che in Occidente.