La determinazione delle donne di The Gilded Age
Nel nuovo historical period drama targato HBO, The Gilded Age, firmato da Julian Fellowes (Downton Abbey, Belgravia) fondamentali sono i personaggi femminili, che si muovono tra ambizioni e sogni, tra trasformazioni socio-economico epocali e valori tradizionali, nella New York del 1982.È approdato da alcuni giorni anche in Italia (su Sky Serie, on demand su Sky e in streaming su NOW) il nuovo historical period drama targato HBO, The Gilded Age, firmato da Julian Fellowes, storico sceneggiatore acclamato soprattutto per aver ritratto glorie e momenti oscuri della nobiltà inglese nella sontuosa serie di culto Downton Abbey, che prendeva le mosse dal 1912, aveva conquistato persino Kate Middleton e i cui personaggi a breve torneranno sul grande schermo con Downton Abbey II - Una nuova era, diretto da Simon Curtis. Dopo essere arretrato cronologicamente nella prima metà dell’Ottocento per il romanzo e la miniserie televisiva Belgravia, ambientata in un ricco quartiere di Londra, Fellowes si è concentrato questa volta appunto sulla New York della cosiddetta età dell’oro statunitense, com’è definito il periodo compreso tra il 1870 e il 1900, caratterizzato da una rapida crescita economica ed industrializzazione, con un aumento dei salari reali del 60% tra il 1860 e il 1890 e l’espansione delle ferrovie, delle attività minerarie e finanziarie. In quell’epoca, se crebbe anche il divario tra ricchi e poveri, determinando grandi differenze e disuguaglianze, si accumularono anche nuovi, immensi patrimoni, che rivoluzionarono la geografia sociale degli Stati Uniti, portando allo scontro tra vecchi ricchi, che si vantavano di discendere da famiglie di antica nobiltà, e nuovi ricchi. Proprio questo conflitto viene raffigurato nella serie tv, che, come Downton Abbey, è girata in location spettacolari e di grande fascino, che questa volta sono ad esempio alcune storiche ville di Newport, nel Rhode Island.
Nella serie tv allora riecheggiano i nomi di John Davison Rockfeller e John Pierpont Morgan tra quelli dei miliardari che l’Academy of Music, l’opera house che sorgeva tra la 14° strada e Irving Place a Manhattan ed era frequentata dalle più importanti famiglie della città, non voleva accogliere; il teatro era risorto delle ceneri dell’incendio del 1866, ma sarebbe stato surclassato a breve dal Metropolitan Opera House, fondato proprio dai nuovi ricchi e situato inizialmente tra la 39° e la 40° strada di Broadway. A rappresentare il nuovo ceto rampante in The Gilded Age ci sono i Russell, lo spregiudicato imprenditore e magnate delle ferrovie George (Morgan Spector, già in Pearson, Homeland, Orange is the New Black, Il complotto contro l’America, ecc.) e soprattutto sua moglie Bertha, focalizzata con tutte le sue energie sulla scalata sociale, per inserirsi in quell’alta società che è incuriosita dalla loro lussuosa dimora, ma li guarda con diffidenza e disprezzo.
Le protagoniste della serie appaiono infatti proprio le donne: se già Downton Abbey mostrava pregiudizi da affrontare e desiderio di emancipazione, lavorativa e sessuale, The Gilded Age offre una galleria di personaggi femminili che lottano per non lasciarsi sopraffare dalle avversità, affermare la propria identità e raggiungere i propri obiettivi. Bertha (l’ottima, convincente Carrie Coon, attrice con una lunga carriera teatrale, già vista in tv ad es. in The Leftovers, Fargo e The Sinner), nonostante le si rimproveri di venire “dal nulla”, è una fine stratega, che strega e manipola i suoi ospiti, usando la sua ricchezza e influenza per farsi accogliere nei loro salotti; il marito George talora favorisce la sua ascesa, consapevole che sia ingiusto che chi ha bisogno del suo denaro si permetta il lusso di snobbare la sua consorte e le sue occasioni mondane, ma, consapevole e orgoglioso della forza d’animo di Bertha, la aiuta di nascosto, per lasciare a lei la scena trionfale.
La più riottosa ad accettare la mentalità mercantile, spietata e materialistica dei nuovi ricchi è un’altra figura poderosa, quella di Agnes van Rhijn, forse il personaggio più convincente e accattivante della serie, interpretato egregiamente da Christine Baranski (che nella sua lunga carriera è stata protagonista ad esempio di The Good Wife e The Good Fight); la donna si è rimboccata le maniche nei momenti difficili, accettando con poca gioia un matrimonio che le consentisse di mantenere anche la sorella, Ada Brook (Cynthia Nixon, applaudita in ruoli diversissimi come Miranda Hobbes di Sex and the City ed Emily Dickinson nel gioiellino di Terence Davies A Quiet Passion), dolce e apparentemente ingenua, ma in grado anche di guardare più a fondo nell’animo della nipote, Marian Brook (Louisa Jacobson Gummer, classe 1991, figlia di Meryl Streep e Don Gummer, che ha debuttato a teatro nel 2017 e in tv nel 2019), con il cui arrivo dalla provincia nel 1882 si apre la prima stagione della serie, già rinnovata. La zia Agnes, ormai vedova, appare inizialmente arcigna e scontrosa, ma risulta anche saggia, pragmatica, tagliente, persino commovente nella dignità con cui affronta il dolore per i cambiamenti attorno a sé che non condivide e che le sembrano segnali di un’inarrestabile decadenza sociale e morale.
Marian, che l’attrice rende talvolta un po’ sbiadita e imbambolata, rappresenta in qualche modo la transizione: da un lato è una ragazza romantica, innamorata dell’amore, una figuretta oleografica, una signorina che sembra uscita dal più classico dei feuilleton, con i suoi sogni e i suoi limiti, ma dall’altro sa sfidare i pregiudizi insensati che emarginano e bollano altri personaggi. Ci si augurano sviluppi interessanti per il suo personaggio, che le consentano di far buon uso della determinazione a volte emersa nella prima stagione, per stagliarsi con più nettezza e personalità sullo sfondo sociale della serie.
Già donna nuova, del presente e del futuro, è invece Peggy Scott (Denée Benton, che viene dai musical di Broadway), aspirante scrittrice e giornalista nera, che deve fronteggiare l’ostilità dei bianchi razzisti, così come gli ostacoli frapposti dal padre; a tratti appare anche questa una figura stilizzata, ma porta avanti la sua lotta per prendersi il futuro che desidera, mostrandosi una donna indipendente, che conosce il mondo e le sue ferite ben più dell’inesperta Marian, ha saputo rialzarsi nei momenti più duri e non ha paura delle difficoltà.
Nella serie ci sono anche molti altri personaggi femminili, di varie classi sociali, cinici o sognanti, potenti per la loro determinante influenza nell’alta società o frustrati dai problemi familiari e pronti a mettere in cattiva luce altre donne; non mancano ovviamente neanche altri personaggi maschili, tra avventurieri viscidi, maggiordomi eleganti e giovani intraprendenti, ma è chiaro che i riflettori siano puntati soprattutto sulle protagoniste, sui loro scontri al vertice, i loro progetti e i loro sogni, che si scontrano con una realtà talora ostile, in una sfilata di caratteri e storie dall'esemplarità interessante per utili spunti di riflessione sulla condizione femminile nelle varie classi sociali e nel tempo.
Se l’importanza della dimensione mondana che ossessiona Bertha a volte rende alcune scene della serie un po’ frivole, gli spaccati sociali si rivelano piuttosto avvincenti e curati, al netto di qualche tratto stereotipato e ci si augura possano essere approfonditi ulteriormente, per mostrare ancora cinismo e ideali, ambizioni e arrivismo di un'epoca in fermento, che ha vissuto cambiamenti fondamentali, i cui sviluppi hanno avuto conseguenze altrettanto essenziali sui secoli seguenti.