Povere Creature! in 4 atti
Il film di Lanthimos merita una trattazione particolare, più approfondita, in questo caso con 4 visioni e 4 punti di vista di 4 autori diversi. Dal libro (Roberto Codini) si passa al film (Gio Mentasti), alla figura di Bella Baxter (Claudio Mariani) per chiudere con il flusso di Laura Bianchi. Una "celebrazione" doverosa...ATTO 1 – IL LIBRO di Roberto Codini
“Povere creature!” (Alasdair Gray)
Rinata libera: il creatore e la creatura
Il creatore e la sua creatura, la bestia che diventa bella e un libro che diventa un film che potrebbe portare la bella a un Oscar.
Povere creature! è un romanzo incredibile, apparentemente contorto e difficile, ma che, leggendolo, ti avvolge, ti conquista e non riesci più a farne a meno.
Ci sono due medici che studiano a Glasgow e, anche a causa della loro solitudine, diventano amici: Archibald MacCandless, il narratore, è figlio di contadini spiantati e studia grazie a sussidi e borse di studio; Godwin Baxter, è un medico dal volto e dal corpo deturpati, ma dotato di un’intelligenza sopraffina.
Godwin (nel suo nome c’è il creatore) ridà la vita a una ragazza, una “povera creatura” come lui, che presto diventa grande, libera, appunto, Bella, Bella Baxter, e niente potrà più fermarla.
Bella (nella versione cinematografica interpretata da Emma Stone) è molto di più della donna che è stata: oggetto del desiderio, prostituta in un bordello parigino, donna colta e, soprattutto, assolutamente libera.
«Sono [tutti] concordi nel definire Bella Baxter sana, forte, allegra, con un atteggiamento assai indipendente nei confronti della vita, anche se l’amnesia ha cancellato ogni ricordo precedente al suo arrivo qui. A parte questo, il suo equilibrio, il discernimento sensoriale, la capacità di ricordare, capire e ragionare sono eccezionalmente acuti. Sono tutti concordi sul fatto che non mostra segni di mania, isteria, fobia, demenza, malinconia, nevrastenia, afasia, catatonia, algolagnia, necrofilia, coprofilia, folie de grandeur, nostalgie de la boue, licantropia, feticismo, narcisismo, onanismo, belligeranza irrazionale, insana reticenza e che non è saffica in modo ossessivo».
L’autore, Alasdair Gray, adotta il classico espediente del manoscritto ritrovato. Il dottor Baxter (“God”) è un luminare della medicina, una mente geniale costretta in un corpo repellente. Baxter gioca a fare Dio, ma non vuole costringere quella ragazza a rivivere la sua vita tanto dolorosa, piena di supplizi, così, quando ripesca il corpo della donna, incinta, che ha tentato di suicidarsi, decide di trapiantare direttamente nella madre il cervello del bambino che lei portava in grambo.
Bella è un personaggio puro, apparentemente ingenuo, che non rinuncia ai piaceri della vita e soprattutto alla cultura.
Povere creature! è un romanzo originale, una sorta di Creatura del Dottor Frankenstein al femminile, che, invece di spaventare i lettori, li conquista definitivamente.
Il bel film di Lanthymos, che ne realizza la trasposizione cinematografica, riesce a evidenziare la crescita e la ri-nascita della donna, anche grazie alla straordinaria interpretazione di Emma Stone, che spicca in un ruolo estremamente difficile.
Il film diverge però dal romanzo originale del 1992, in quanto il primo si focalizza sul percorso personale di Bella, mentre il secondo offre una critica sociale più profonda.
Il tema della verità e del suo ribaltamento è centrale nel romanzo di Gray, e lo capiremo alla fine. Come ha sottolineato Enrico Terrinoni, tra i maggiori conoscitori del lavoro dell’autore scozzese, che, nell’edizione di Safarà, ne firma la prefazione, «il suo è un giocare a nascondino con trucchi e dispositivi letterari per minarne ogni fissità e determinismo».
Nelle tante recensioni al film di Lanthimos ricorre spesso il paragone con Frankenstein di Mary Shelley: sembrano esserci molte analogie tra i due scienziati e le loro creature, tuttavia la somiglianza è solo parziale. Come recita il sottotitolo, Frankenstein è un “moderno Prometeo”, che crea la vita con l’ambizione di sconfiggere la morte, mentre Baxter è solo un uomo che vorrebbe creare una nuova figura femminile, capace di accettarlo oltre le apparenze, ed è lui a essere molto più simile al mostro creato dal dottore nel romanzo di Shelley.
Oltre a essere stato paragonato al capolavoro di Shelley, è stato detto che il regista greco ha saputo creare un “Frankenstein femminista”. In effetti, la pellicola sembra utilizzare la figura del “mostro” per creare una sorta di percorso di liberazione individuale, che la protagonista raggiunge inizialmente sul piano sessuale.
Lanthimos inoltre modifica la città, da cui Bella parte e fa ritorno in seguito a un lungo viaggio di scoperta personale: la cupa e industriale Glasgow, in cui l’autore ambienta il romanzo, lascia spazio, nella visione del regista, alla Londra vittoriana. Ciò non è un dettaglio insignificante, se consideriamo che l’intento di tutto il lavoro di Gray è politico, più che personale. Inoltre, la conclusione della vicenda, nel film, si allontana da quella del romanzo (e qui non riveliamo nulla…).
Nella pellicola di Lanthimos, l’afflato socialista di cui il romanzo è intriso si perde, raccontandoci di una protagonista che sfida le convenzioni sul piano sessuale, rifiuta la sua precedente identità e diventa una persona autonoma.
Gray dà vita a una protagonista femminista non tanto e non solo perché libera se stessa attraverso i piaceri della carne, ma perché diventa capace di vedere i meccanismi oppressivi che si abbattono sui più deboli e combatterli.
La resa cinematografica di Lanthimos è esteticamente impeccabile e avvincente anche grazie alle scenografie, alla fotografia, ai costumi e alla performance degli attori. Tuttavia, resta l’amarezza per l’estetizzazione di un femminismo liberal che, lontano dalle istanze socialiste originarie del libro, perde la sua reale funzione, quella di motore per un cambiamento politico, come ha notato anche Alessia Dulbecco.
Da un grande libro non sempre nasce un grande film. In questo caso però non è così: da un povero creatore può nascere una povera creatura che diventerà adulta, libera, ricca e, soprattutto, umanamente bella.
ATTO 2 – IL FILM di Gio Mentasti
“Povere creature!” (Yorgos Lanthimos)
L'ottavo giorno, dio ridiede alla donna la vita e la possibilità di ricominciarla dal principio.
Godwin Baxter (Willem Dafoe), una sorta di dottor Frankenstein misericordioso, resuscita una giovane suicida, impiantandole il cervello del feto che portava in grembo. Così affezionato al suo esperimento da ignorare l’individuo oltre la creatura, la confina nella propria casa per seguirne i progressi. Ma il cervello della donna si sviluppa rapidamente, e la sua curiosità la porterà presto alla scoperta del mondo. Bella Baxter ha dunque la possibilità unica di vivere liberamente, nel puro senso del termine. Inconsapevole delle regole della società, e noncurante davanti alla possibilità di infrangerle, la donna viaggia con l’occhio curioso di chi non conosce e la sicurezza di chi non vuole farsi sottomettere.
Tratto dall’omonimo romanzo di Alasdair Gray, la resa cinematografica di Poor Things, creata da Yorgos Lanthimos, segue l’evoluzione cognitiva della protagonista attraverso un viaggio per l’Europa, che tocca delle versioni formalmente vittoriane, ma arricchite da echi steampunk e fantascientifici, di Londra, Lisbona, Alessandria e Parigi. Bella Baxter, magistralmente interpretata da una Emma Stone in corsa per l’Oscar, è al centro della narrazione e dell’universo che la circonda, che viene svelato allo spettatore attraverso le sue interazioni sociali.
Lo sguardo dell’attrice, anche produttrice esecutiva, è al tempo stesso innocente e determinato, e la sua consapevolezza di sé riesce a non far cadere nel voyeuristico neanche le scene più vulnerabili ed esplicite presenti nella sceneggiatura di Tony McNamara.
Fondamentale nello sviluppo del racconto è infatti la scoperta da parte di Bella della propria sessualità. Bella, inizialmente sfruttata dal viscido legale Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), man mano che ne comprende i pregi e i limiti, trasformerà il proprio corpo in uno strumento attraverso il quale emanciparsi dagli uomini che dettano legge sulla sua vita, e navigare attraverso tutto lo spettro delle emozioni umane. Il sesso, separato dalla sua connotazione erotica e dimensione intima, viene quindi rappresentato come un’espressione necessaria dell’individuo, una parte ineluttabile di ciò che ci rende umani.
Il concetto stesso di corporeità permea infatti l’intero film: dagli arredi della casa di Bella e Godwin, le cui pareti rispecchiano, attraverso minuziosi dettagli, parti del corpo umano, ai costumi, realizzati da Holly Waddington, sulle tonalità del rosa pallido, giallognolo, rossastro, e creati con materiali le cui forme e consistenze ricordano gli organi interni del corpo; passando per la colonna sonora stessa, permeata dal suono dell’organo, che muta da una melodia elementare a un trionfo sinfonico orchestrale.
Il mondo è rappresentato attraverso corpo, e questo diventa allo stesso modo un mondo da scoprire. La ricchezza del film risiede inoltre nella capacità di trattare anche numerosi altri temi, seppure in modo a tratti superficiale; Bella si interfaccia infatti anche con il socialismo, con il pensiero cinico, con il dolore e la povertà. A lei viene dato spazio di esistere, di sperimentare; le vengono concessi la noncuranza e l’empatia, il tempo per comprendere come elaborare aspetti della realtà appena conosciuti e come agire di conseguenza. È in grado di formarsi come individuo con il proprio ritmo, di sviluppare le proprie credenze senza imposizioni, e soprattutto possiede una spiccata coscienza della propria identità umana come organismo vivente sulla terra.
Il sodalizio artistico fra Emma Stone e Yorgos Lanthimos ha portato sullo schermo un personaggio femminile moderno e sfaccettato, calato in un universo che fa dei dettagli e del simbolismo il proprio punto di forza. La regia di Lanthimos, caratterizzata dai virtuosismi artistici che lo contraddistinguono, in questo caso si presta anche a un lavoro di generalizzazione, rendendolo probabilmente il suo film più fruibile. Fra i protagonisti di questa stagione, Poor Things è stato capace di raccogliere i favori di critica e pubblico proprio per la sua capacità di superare le sovrastrutture sociali con le quali interpretiamo il mondo. Povere creature, noi spettatori, vincolati dai nostri stessi limiti. Ma, attraverso lo sguardo di Bella, siamo in grado di sentirci un po’ più liberi.
ATTO 3 – IL PERSONAGGIO di Claudio Mariani
“Bella Baxter – Nascita di un mito”
Piaccia o non piaccia, questo film segna anche e soprattutto la nascita di un mito cinematografico, il classico personaggio che sopravvive all’opera stessa, seppure pregevole e, in parte, indimenticabile. Bella Baxter è il film, e resterà per sempre nella storia del cinema e, forse, anche nella cultura popolare. Succede poche volte, ma quando succede, te ne accorgi subito. E’ accaduto in passato, con episodi perlopiù riferiti alla cultura pop anni ’80 (pensiamo a Terminator, Rocky e più tardi al Drugo del Grande Lebowsky) e, nel mondo femminile con la principessa Leila, Jessica Rabbit, il duo Thelma e Louise, e ancor prima con Barbarella e più recentemente con La sposa/Black Mamba (Kill Bill), giusto per fare degli esempi lampanti.
Quando un personaggio è talmente forte, particolare, travalica il film stesso, e diventa storia. Bella Baxter, inventata dalla penna di Alasdair Gray, splendidamente reinterpretata da quel genio di Lanthimos, ha trovato in Emma Stone la sua incarnazione perfetta. La Stone ha creduto talmente tanto nel personaggio, che ha prodotto anche il film stesso: già attrice indiscutibile -probabilmente la migliore della sua generazione- non ha esitato nell’impresa di mettersi completamente in gioco, mostrarsi nuda (metaforicamente, ma non solo), dando tutta se stessa, e il risultato è questo: un personaggio indimenticabile.
Invitiamo chiunque abbia visto il film a fare una sorta di gioco: stilare una serie di aggettivi e sinonimi da associare a Bella. Ecco quelli proposti da noi, vediamo se vi ritrovate:
AGGETTIVI:
Sfrontata
Selvaggia
Coraggiosa
Definitiva
Famelica
Spontanea
Splendida
Magnetica
Imbarazzante
Esplicita
Misteriosa
Libera
Istintiva
Curiosa
Dark
Ostinata
Pura
Ingenua (e poi Astuta)
Generosa (e poi Egoista)
SOSTANTIVI:
Bambina
Sesso
Mostro
Scoperta
Desiderio
Padrona
Lettura
Creatura
Nascita
Rinascita
Madre
Figlia
Eleganza
Corpo
E ora, finito il “gioco”, chiediamo se mai sia esistito un personaggio che, in poco più di due ore di narrazione, riesca a fornire così tanti aggettivi ed essere associato ad altrettanti sostantivi. La risposta è chiaramente negativa.
BB, due iniziali che rischiano di entrare nella storia di un genere, quello cinematografico, come già avvenne 60 anni fa, con la stessa consonante ripetuta due volte, anche se in quel caso appartenevano a un’attrice in carne e ossa…
ATTO 4 – IL FLUSSO di Laura Bianchi
“A caldo – un ringraziamento”
Una favola filosofica
Uno sguardo umoristico
Un calore luminoso.
Libero arbitrio, destino, etica e formazione.
Fisico e metafisico, amore e sesso, possesso e affrancamento.
E una fotografia scintillante.
Poor Things, tutti noi.
…
E insomma, ci torno su.
Perché non mi si schioda dalla testa e dagli occhi.
Mi viene da ringraziare Lanthimos.
Per le sue visioni dei mondi possibili, biancoenero e colore, realismo e immaginazione, filosofia e fantasia.
Per la fotografia tra dark e psichedelica.
Per gli sguardi dei suoi interpreti, Emma Stone su tutti.
Per lo scintillio dei costumi e l'arte delle scenografie.
Per l'immensa fede nell'umanità, nella convinzione che l'uomo sia naturalmente buono, e non malvagio, che sia homini deus, non lupus, se riportato allo stato di natura, senza istruzioni né moralismi.
Per un god che è capace di perdono, verso il padre, verso il figlio, più spirito e me o santo.
Per la gioia della carne, che canta oltre le bassezze.
Per il superamento di generi (eh no, non è un film femminile, femminista, contro il patriarcato, etc etc), di età, di ruoli. Di stereotipi.
Per l'inno al libero arbitrio, che vince tutto, se ben si notrica (Dante).
Per una colonna sonora tra gotica e folk, sempre pertinente.
Per i balli troppo umani, armonia e istinto, Apollo e Dioniso.
Per i grandangolo e gli occhiodibue, l'ampio e l'angusto, ossia, la nostra mente.
Per i dialoghi esatti come un filo d'argento.
Per la tenerezza che emana questo romanzo di formazione al contrario, con una vergine madre, figlia del suo figlio, umile e alta più che creatura. Inferno e paradiso insieme.
Perché bisogna salvare ciò che Inferno non è. E chissà se Lanthimos ha letto Dante, o Calvino.
E infine, per due ore e venti talmente dense che durano un soffio, e sono una vita.