Intervista a Jennifer Pashley - di Laura Bianchi e Federico Sponza
è sempre interessante incontrare uno scrittore, e capire la genesi dei suoi romanzi, scoprire il suo mondo creativo. Quando poi si tratta di una scrittrice promettente e bravissima, poi, è davvero entusiasmante. Jennifer Pashley (pubblicata da Carbonio Editore e tradotta da Anna Mioni) parla del suo essere lettrice, ascoltatrice di musica e scrittrice.D. Come hai iniziato a scrivere e a fare la scrittrice? Quali impulsi creativi hai sentito e chi sono gli insegnanti di scrittura e i modelli che ti hanno ispirata?
R. Ho iniziato a scrivere seriamente da adolescente, poi ho studiato inglese e letteratura americana all'università e alla scuola di specializzazione. Sono sempre stata motivata dal linguaggio, e dalla musica, quindi tutto ciò che scrivo ha un metro o un ritmo particolari. Sono stata modellata da scrittori molto, molto diversi tra loro. Ho adorato le storie di Raymond Carver perché mi hanno insegnato quanto si potrebbe dire in pochissime parole. Mi sono proprio innamorata del romanzo di Jeanette Winterson, Scritto sul corpo, per il suo desiderio e la sua giocosità nello stesso tempo. Ma la scrittrice che mi ha influenzato di più, in termini della creazione di un romanzo, dell'amare il linguaggio ed essere espressiva, è Toni Morrison. Lei è sacra per me.
D. Riesci a immaginare le principali analogie e differenze tra The Watcher/Gli osservati e The Scamp/Il caravan per quanto riguarda il punto di vista?
R. Per The Scamp, volevo raccontare la stessa storia in due modi diversi. Una storia, quella di Rayelle, era lineare; è iniziata ed è andata avanti fino alla fine. Ho usato il flashback e anche la memoria, ma per la maggior parte era al tempo presente, e il lettore guarda la storia svolgersi. Per Khaki, volevo tracciare una linea temporale molto più sinuosa. Ho lavorato principalmente con memoria e pastiche, in modo che la protagonista potesse raccontare la sua storia nel modo in cui voleva dirlo, anche in modo non attendibile. Ha decisamente il controllo sulla narrazione, cosa che non fa Rayelle. La storia di Khaki racconta solo quello che vuole che il lettore sappia. Per The Watcher, ho fatto qualcosa di simile, ma volevo che il punto di vista di Kateri fosse lineare, con uno svolgimento del tempo presente, un movente del crimine e un'indagine, molto diretti. Ma con Shannon volevo iniziare la cronologia con fatti precedenti, così il lettore poteva sperimentare gli eventi che hanno portato alla storia attuale. Volevo che Shannon avesse spazio per la memoria, e, con essa, un linguaggio più fluido.
D. Cosa ti ha spinto a scegliere il nome “Kateri” per la protagonista?
R.Kateri viene da una santa locale – Saint Kateri Tekakwitha – che era una Algonquin, una donna Mohawk vissuta nel 1600. Per i cattolici, è la prima nativa americana santa. Per i nativi americani, è un emblema delle molte cause perse nel colonialismo. Secondo me, lei occupa uno spazio intermedio. La stessa santa era gravemente segnata dal vaiolo, e aveva problemi di vista, e così in alcune agiografie è conosciuta come una che cammina a tentoni. Ho pensato che questo fosse un tratto affascinante da dare a un detective.
D. In The Scamp c'è un accenno ai testi di Bruce Springsteen, Born To Run, e The Watcher inizia con una frase della scrittrice e poetessa Anne Sexton (Di imbroglioni ce ne sono tanti.) C'è un motivo particolare per queste scelte?
R. Sì! The Scamp è davvero una road novel per me, e ho sempre amato la grandezza delle storie che racconta Springsteen. Le sue canzoni sono molto simili ai romanzi. Apro entrambi i miei libri con citazioni di Anne Sexton. Per The Watcher ho scelto “Molti sono gli imbroglioni" perché il libro mi è sembrato yba storia in cui nessuno stesse dicendo la verità, e mi piace il fatto che non ci si potesse fidare di nessuno.
D. I tuoi personaggi sono sempre estremi e le tue trame sono piene di rabbia, rifiuti, abbandoni, violenze. Dove trovano origine queste scelte forti e inquietanti?
R. Torno a quella citazione di Hemingway: "Scrivi in modo duro e chiaro su ciò che fa male". il dolore è sempre stato più interessante per me del piacere o dell'amore. Permette a un personaggio di crescere con esso, di trasformarsi. Quando metti un personaggio nella peggiore situazione possibile, tu scopri davvero di che pasta è fatto. Mia madre era un'avida lettrice di gialli. Non avrebbe letto romanzi, che non avessero dentro un omicidio. L'ho capito presto.
D. Come sarà il futuro di Kateri Fisher? La rivedremo?
R. Non posso darti una data precisa, ma mi piacerebbe includere Kateri nei libri futuri e lasciare che abbia un suo arco caratteriale, che abbia un lieto fine. Se l'è guadagnato, dopo tante difficoltà.
D. La tua scrittura è molto musicale; hai pensato a una colonna sonora sul sfondo anche di questo romanzo?
R.In effetti, ho una playlist Spotify chiamata The Watcher. Include brani di Sharon Van Etten, Nick Cave e Orville Peck. È pubblica. Puoi cercarlo dal mio nome utente: jen.pashley!