Master of disaster<small></small>
Americana

John Hiatt Master of disaster

2005 - NEW WEST RECORDS

28/09/2005 di Christian Verzeletti

#John Hiatt#Americana

Ancora prima di ascoltare questo cd, già mi ponevo una domanda: “Sarà il solito disco di John Hiatt?”.
Non perché chieda a John Hiatt di portare qualche novità o di mutare sé stesso, cosa improbabile e anche ingiusta a questo punto della sua carriera, ma perché ultimamente cominciano a essere troppi i dischi in cui lascia con la sensazione di un lavoro “buono, ma si poteva fare di più”.
L’impressione è che John Hiatt abbia già dato il meglio di sé e che ora si sia stabilizzato su una media comunque alta, ma non più eccellente.
Ogni suo disco è soddisfacente ed è probabile che soddisfi il suo stesso autore come un mestiere ben fatto. Come l’unico mestiere che è in grado di fare, ma pur sempre un mestiere.
Certo non si può pretendere che si riesca sempre a cogliere la tensione di “Bring the family”, l’anima di “Drive South” o anche solo gli scatti di “Perfectly good guitar”. Hiatt ha oggi tutto il diritto di coltivare la sua musica e la sua voce, di curarne le sfumature e di sceglierne di volta in volta gli strumenti che ritiene più adatti. L’ultima volta che lo ha fatto mirabilmente è stato in “Crossing muddy waters” in cui davvero sembrava di vederlo e sentirlo suonare sulla soglia della sua fattoria.
Da allora si è divertito a suonare in studio e in tour, si è goduto quello che è il suo rock, limandolo quel tanto che basta per renderlo ogni volta un manufatto autentico.
Intendiamoci, John Hiatt non è uno che si è adagiato o che si è ritirato ad una vita in pantofole. Piuttosto si “accontenta” di chiedere alle sue canzoni di essere sé stesse, il che non è poco.
Per questo disco ha scelto di farsi accompagnare dai North Mississippi All Stars, alias famiglia Dickinson al completo. Dopo Sonny Landreth e altri illustri che hanno suonato con lui in passato, continua logicamente sulla strada del rock americano più vero e ne esce un buon disco.
La scrittura è sempre all’altezza: basti come in “Thunderbird” l’immagine dell’auto serva ad inquadrare altro senza scadere nei soliti luoghi comuni. Anche la confezione, particolare non da poco, si mantiene a galla prendendo in giro il mondo del wrestling e della cultura macho.
Hiatt non sferra grandi colpi, ma sfrutta l’esperienza di Jim Dickinson in cabina di produzione con arrangiamenti orientati verso il Sud degli States. Forse non sfrutta invece come avrebbe potuto la carica dei NMAS, ma quello è un problema che in studio attanaglia gli stessi fratelli Dickinson e Co.
A lasciare qualche rimpianto sono certe esecuzioni standard (gli andamenti scontati di “Ain’t ever goin’ back”, di “Old school”, il ragtime di “Wintertime blues”) e alcune interpretazioni dello stesso Hiatt troppo nasali che lasciano da parte il fondo nero della sua voce.
Insomma, è il “solito” disco di John Hiatt.

Track List

  • Master Of Disaster|
  • Howlin´ Down The Cumberland|
  • Thunderbird|
  • Wintertime Blues|
  • When My Love Crosses Over|
  • Love´s Not Where We Thought We Left It|
  • Ain´t Ever Goin´ Back|
  • Cold River|
  • Find You At Last|
  • Old School|
  • Back On The Corner

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