Casa Del Vento Giorni dell'Eden
2012 - Mescal
#Casa Del Vento#Italiana#Rock #Indie-rock #Folk #Songwriting
Nemmeno la loro scrittura è male (testi alquanto articolati, quasi mai ripetitivi), peccato per il neo-afflato spiritualista, che rende “Giorni dell’Eden” un cd più vicino alle litanie di Ferretti (Giovanni Lindo) che a un disco combat folk. De gustigubus, e poi i tempi cambiano: ci sono stati anni col mito del “sol dell’avvenire”, oggi (a sentire anche i Casa del vento) si agogna il paradiso terrestre. Sarà per questo che le tracce in scaletta (11) sono disseminate di reiterati inviti al “volo” (Icarus), al “cielo”, alle “nuvole” (Portato dalle nuvole), all’altrove, con tanto di richiami cristologici (La croce su di te), e influenze di vaga estrazione biblica (“scorrerà forte acqua nei deserti/ alzerà alte onde in mare aperti/ porterà chiari, rivoli nei prati/ bagnerà dolce, campi prosciugati”).
E in La parola rende uguali e L’inferno e la bellezza il - peraltro capace - Luca Lanzi diventa salmodiante proprio come il Ferretti sulla via di Damasco di cui sopra. Viene da chiedersi: data la sacrosanta pars destruens (il mondo così com’è è ingiusto, anzi fa proprio schifo), il cielo non sarebbe meglio lasciarlo ai passeri e/o ai satelliti a zonzo, soprattutto se il fine ultimo è quello di fare canzone sociale, o giù di lì?. Hai voglia di mantenerti in equilibrio precario (L’acrobata) se il tuo obiettivo invece che la lotta è il nirvana. Sono un vecchio materialista storico, chiedo venia e mi fermo qui.
Il sound è l’aspetto fuori discussione di Giorni dell’Eden: robusto, gradevole-scorrevole, come da menù della Casa, una commistione riuscita di folk e rock melodico, con diversi violini, chitarre e qualche banjo in bella evidenza, una sfilza di climi soft alternati ad up tempo, somministrati con cura e in perizia di arrangiamenti. Come da storia e leggenda della band, anche questo cd annovera un numero ingente di partecipazioni, consuete e meno: ci sono il rapper marocchino Youss Yakuza di Hurriya; Francesco Chimenti (Sycamore Age), che interviene ad hoc in Rose di Marzo; Daniele Sanzone (A67) in L’inferno e la Bellezza. E ancora (giacchè le guest stars sono il marchio di fabbrica dei Cdv) la pasionaria Violante Placido di Icarus e la “faithful guitar” di Patti Smith, Lenny Kaye, che dà il suo contributo alla title track. Senza contare che nella riuscita versione di Just Breathe (Pearl Jam) suona (benissimo) Francesco “Fry” Moneti (MCR), aficionado - per non dire ospite fisso - delle “Casa”. Forse non farà sperticare di lodi i nostalgici di locomotive (“scagliate, bomba contro l’ingiustizia”) e vite a muso duro (Bertoli), ma il disco, nel complesso regge bene. Si vede, si sente, si ascolta volentieri.