Gospel Book Revisited

interviste

Gospel Book Revisited Il Rock italiano continua a riservare ottime sorprese...Quattro chiacchiere con i Gospel Book Revised

22/10/2017 di Marcello Matranga

#Gospel Book Revisited#Italiana#Rock

Del loro Mini album di esordio vi abbiamo parlato qualche settimana fa. Adesso, in occasione dell'uscita del CD nei negozi, ci è sembrato opportuno scambiare quattro chiacchere con una delle band più interessanti e promettenti del panorama Rock italiano. Ecco cosa ci ha raccontato Umberto Poli: la band, la loro musica, i loro progetti.
Direi di cominciare col raccontarci come nasce la band..

I Gospel Book Revisited nascono da uno scherzo del destino, ovvero da un concerto tributo alle voci femminili della tradizione afroamericana. All’epoca, nel dicembre 2014, non eravamo neanche un band, ma soltanto un gruppo di amici con l’obiettivo di divertirsi e di suonare insieme per una sola data. Nulla di più. Da quella sera, però, assieme alla consapevolezza di aver dato vita a qualcosa di più grande, qualcosa è cambiato e hanno cominciato a susseguirsi altri concerti. Nel frattempo, anche la formazione iniziale è andata incontro ad una piccola rivoluzione fin quando, ad affiancare me e Camilla, sono arrivati Samuel alla batteria e Gianfranco al basso. Ed è con loro che i GBR si sono trasformati a tutti gli effetti in quel che sono adesso.

Avete tutti delle “provenienze musicali molto diverse. Come mai avete scelte di indirizzarvi in maniera prevalente verso sonorità che hanno come riferimento inziale il Blues anche se le vostre sembrano - almeno nelle cinque tracce dell’EP d’esordio - essere più orientate al Rock e al Soul? Certo, ci sono due cover blues, ma sono attuate secondo canoni non convenzionali. E’ una valutazione corretta?
Il blues è il nostro sostrato comune, è il linguaggio universale per chi - come noi - arriva da esperienze e background anche molto diversi. Il blues è il punto di partenza e di arrivo in tutto ciò che facciamo, rappresenta le fondamenta della nostra musica e della maggior parte delle canzoni, degli artisti e delle band che amiamo. C’è un passaggio, nell’autobiografia di Ray Charles, che mi è sempre rimasto impresso e che recita più o meno così: “Ditemi che uno non sa suonare il blues e con me ha chiuso prima ancora di iniziare. Se non sei capace di sporcarti in quel modo, fino in fondo, ti manca qualcosa.” Che altro aggiungere? Amen, Brother Ray!

Come avete fatto a conciliare provenienze e gusti musicali così diversi? E quanto è servito trovare una corta di koinè che vi mettesse tutti d’accordo?
Ci siamo trovati a nostro agio fin da subito. Quando suoni con una persona non esistono fraintendimenti, difese, scuse o bugie. Niente di tutto questo: si è completamente a nudo ed esce fuori la propria natura autentica. La musica non è soltanto il meglio, come diceva Frank Zappa, ma è anche verità, magia: ti permette di scoprire e di scoprirti in modi unici e sorprendenti. Ed è attraverso la musica che tanti anni fa ho conosciuto Camilla, la mia soul sister, e successivamente Samuel e Gianfranco. Insieme siamo qualcosa di più che una semplice band o quattro musicisti che stanno bene insieme: siamo una famiglia.

Ho trovato sorprendente, quanto bella, la cover di Clean Up Woman di Betty Wright. Come mai questa scelta?
Agli inizi, come ti dicevo, i Gospel Book Revisited sono stati concepiti con l’idea di rendere omaggio alle voci di Etta James, Aretha Franklin, Ann Peebles, Tina Turner, Shemekia Copeland, Sharon Jones e tante altre artiste della scena black mondiale. Tra queste, anche Betty Wright, la cui Clean Up Woman è una delle canzoni che più ha contribuito a forgiare il nostro sound. Da allora, siamo sempre stati affezionati a questo classico degli anni Settanta e al momento di registrare l’EP abbiamo ritenuto che fosse il brano ideale attraverso cui raccontarci.

A proposito di scelte sorprendenti, come è nata l’idea di rivisitare in chiave Alabama Shakes un blues come I Don’t Know Her Name del bluesman del Mississippi Leo “Bud” Welch?
La ricerca e la contaminazione sono due dei nostri ingredienti principali. Siamo molto curiosi e a volte ci perdiamo in lunghe battaglie di nomi di tracce, performer e dischi sconosciuti ai più. Un giorno, grazie al suggerimento di un caro amico e collega, mi sono imbattuto nella musica del bluesman ottuagenario Leo Welch, restando folgorato al primo istante dalla sua I Don’t Know Her Name. Da lì all’idea di farne una rivisitazione stravolta all’interno del repertorio dei GBR, il passo è stato breve.

Mary and the Fool è una ballata, a mio avviso, splendida e che avrebbe potuto tranquillamente dilatarsi nella durata. Come nasce un pezzo del genere?
Mary è nata una sera di alcuni anni fa, per caso, verso mezzanotte. La combinazione spontanea dei primi accordi ha fatto scaturire di getto il testo e in pochi minuti la canzone era pronta. Capita, a volte, di inseguire un’idea o un brano per settimane. Altre volte, invece, non bisogna far altro che trovarsi nel momento, nella condizione e nel posto giusti e lasciarsi guidare dall’ispirazione. Mary and the Fool è una canzone a cui siamo tutti emotivamente molto legati e che, dal punto di vista personale, considero un po’ la mia risposta inconscia a un altro e ben più famoso amore impossibile: quello descritto in Martha, capolavoro assoluto e senza tempo di Tom Waits.

Adesso è il momento dell’uscita del disco, che arriva nei negozi e su iTunes, in digitale, a partire da domani, venerdì 27 ottobre. Quali sono le vostre aspettative?
Il nostro EP, “Won’t you keep me wild?”, è un biglietto da visita, un’introduzione al nostro mondo, un sogno divenuto realtà anche grazie al supporto di sponsor importanti come AZ Blues, Blues Made In Italy e Guitar Club. Sicuramente ci piace l’idea che in tanti possano conoscerci grazie a queste cinque tracce e che - chi le ha apprezzate su disco - possa avere la voglia e la curiosità di venire ad ascoltarci dal vivo. Pur non amando etichette e catalogazioni, siamo soliti considerarci una JamBluesBand e dunque la nostra dimensione naturale è il palco, il luogo privilegiato di incontro e dialogo con la gente attraverso la musica e l’improvvisazione.

Dove potremo vedervi on stage e che cosa prevede un vostro concerto?
Tendiamo a non ripeterci mai, sia a livello compositivo sia in studio o dal vivo. È difficile che chi assiste a un nostro concerto possa incappare per due volte di fila nella stessa scaletta. Ci piace stupire il pubblico e al tempo stesso stupire noi stessi imboccando strade, sonorità e arrangiamenti differenti. In concomitanza con l’uscita del disco, inoltre, daremo finalmente il via al nostro “Stay Wild Tour 2017-2018”! Ecco le prime date ufficiali:

27.10.17 Sofà Cafè (TORINO)
07.11.17 Il Filo Illogico (TORINO)
09.11.17 Mag Mell (ALESSANDRIA)
24.11.17 LAB (TORINO)
29.11.17 Teatro Gobetti (SAN MAURO TORINESE)
08.12.17 L'Armadillo (COURMAYEUR)
09.12.17 Old Distillery (AOSTA)
10.12.17 Meite Celestin (ÉMARÈSE)
16.12.17 Rubber Soul_showcase (TORINO)
23.12.17 Blah Blah (TORINO)
30.12.17 Bistrot Ramet (AOSTA)
17.02.18 ZAC! (IVRE