Davide Van De Sfroos

interviste

Davide Van De Sfroos Davide van de Sfroos: La sua Madre Folk, dal sogno al disco

15/09/2021 di Laura Bianchi

#Davide Van De Sfroos#Italiana#Canzone d`autore

E' un Davide van de Sfroos pixellato, ma rilassato, sorridente, disponibile, quello che incontra i giornalisti su Zoom, nella conferenza stampa di presentazione di Maader Folk, in imminente uscita. Un disco ricco, composito e importante, di cui racconta la genesi con grande sincerita'.
Cosa succede a un disco che resta per un anno e mezzo ad aspettare che possa essere condiviso col pubblico? A questo cerca di rispondere Davide van de Sfroos, mai come oggi aperto, torrenziale, in modalità flusso di coscienza; un artista appassionato, in costante ricerca di una connessione con l'interno e l'esterno, con la propria psiche e con l'Anima Mundi. In questi giorni "lascia libere le briglie alle canzoni", e le guarda muovere i primi passi nel mondo, con apprensione, ma anche con fiducia in chi le accoglierà. Ma lasciamolo parlare.

" - Il disco è stato scritto e registrato prima della pandemia, in un agriturismo dal contorno agreste, ma molti brani contengono versi che possiedono simbologie del momento che stiamo vivendo, pur essendo stati scritti molto tempo prima. Un esempio è Oh Lord, vaarda giò, scritta dieci anni fa in una situazione emotiva particolare, come una richiesta perché un dio indicasse sulla bussola dell'anima quale direzione prendere. Anni dopo l'ho data a un amico, Lorenzo Vanini, che mi ha suggerito di inserirla nel disco, immaginandola come un duetto con Zucchero, che si è mostrato subito disponibile a cantarla con me, e le ha aggiunto il proprio tocco in dialetto emiliano.

- Il titolo però non c'era; si sono fatti elenchi di ogni tipo. Poi arrivò il mio turno di essere a letto col Covid, insieme a tutta la mia famiglia, e una notte, nella febbre, sognai una donna multietnica, che mi rassicurava sulla strada musicale da intraprendere. Era la Maader Folk. Quando raccontai il sogno all'amico e manager Gianpiero Canino, abbiamo subito pensato che questo potesse essere un titolo - compendio del disco, in cui il folk torna a casa, e, anche se si mette a fare il pioniere grazie al contributo di Taketo Gohara e di tantissimi musicisti, resta un maestro, che non ha paura di misurarsi con strumenti e suggestioni differenti, dalla Malesia alle arpe celtiche. Il disco racconta tanti viaggi, fatti per capire chi deve restare e chi invece deve andarsene (come El Vagabund, un inno all'anatomia dell'irrequietezza) e sembra profetico, sospeso fra la volontà di uscire e quella di rimanere; contiene la Storia che si intreccia con le storie, ma anche canzoni che possono essere surreali, come Nel NommGoccia di onda, con ritmiche un po' tribali o māori, brano che fra l'altro ha cambiato pelle durante la costruzione del disco, perché Mauro Ottolini ha creato una sinfonia suonando conchiglie di mare come strumenti a fiato, creando un suono che trasporta dentro l'acqua.
Reverse è una sorprendente combo fra la fanfara dei Beirut, proposti da Gohara, con il gusto agrodolce del ricordo e il coraggio di premere il tasto PAUSE, per rivivere le situazioni passate; invece Tramonto a Sud è un omaggio al Sud Italia, che ho a lungo frequentato, e che mi ha parlato nel corso dei miei molti viaggi, mentre il disco si chiude con un brano di vento, La valle.

- Oltre a Gohara, importante è stato anche Angapiemage Galiano Persico, che ha trovato i musicisti che riteneva opportuni nei diversi brani, e credo che, ad esempio, il suono del contrabbasso di Attilio Zanchi sia stato determinante, perché si potesse percepire la potenza dei suoni e la loro intenzione simbolica. Insomma, la ricerca musicale è andata di pari passo col tipo di storia che volevo raccontare, perché l'ascoltatore vedesse, attraverso i suoni, la fotografia dei luoghi e delle situazioni. Paolo Costola, inoltre, ha dato un contributo fondamentale, perché ha portato da Brescia tutte le strumentazioni adeguate, in modo che si potesse lavorare in una sorta di stato di grazia.

- Nel disco, non sono il solo protagonista, ma sono stato influenzato da persone che ho incrociato nella mia esistenza; in questo senso il disco è autobiografico "per forza". Insomma, è un'opera Madre folk e madre terra, seminata nei boschi, nelle valli, sulle rive, in mezzo al lago, completamente immerso nella natura; il disco ha come caratteristica l'esterno e il mondo, ma ha anche lo specchio dell'interno, dell'anima. Nel video di Oh Lord, che vede come protagonista Mauro Corona, nessuno sciamano, scrittore, artista, poteva essere simbolo di un momento storico tanto importante quanto lui, che impersona l'uomo che trova la forza di rispondere alle difficoltà grazie al rapporto con la natura. In questo, la maglietta di Emergency che Corona indossa nel video non è stata una novità, ma una sua scelta, approvata da noi. Con il video, è stato fatto poker: Corona, Zucchero, la mia voce, e un omaggio a Gino Strada. Il fatto che il simbolo di Emergency sia presente in questa preghiera ci ha dato una boccata di speranza.

- Per il tour, inizialmente stiamo pensando a una presentazione, interessante per capire come le canzoni possano essere "disidratate" senza altri arrangiamenti; la ristampa di Manicomi mi ha fatto capire che il tempo, lo spazio, i luoghi che attraversi, le persone che incontri, il coraggio di cambiare idea, di rallentare, possono aiutare a distinguere il valore di quello che fai. Così, ho pensato che è pericoloso chiudersi in una fotografia del passato, ma è anche sbagliato, nel nome di un modus vivendi sempre più veloce e fagocitante, buttare via come si è imparato a vivere. 
Dobbiamo avere la forza di portare il nostro aquilone anche in città. Questo è un disco di apertura, che invita a respirare, canzoni che sento che devo cantare, perché questo è il mio ruolo: spingere a interessarci a storie poco mainstream, che continuano a vivere. E quel mondo, che ha resistito nonostante tutto, ci chiede di considerarlo.

- Quanto al futuro, alle problematiche relative alle restrizioni che ancora restano, penso che gli artisti e i musicisti da sempre siano stati ritenuti fuorilegge, esclusi dalla società, addirittura non venivano sepolti; invece proprio nella pandemia è emerso il valore dell'arte e della cultura come strumento di liberazione dalle angosce. Occorre adeguarsi al momento,  ma comunque non smettere di lavorare, perché possiamo tornare a stringerci la mano, a guardarci negli occhi...sappiamo che saremo in pochi, per ora, ma non c'è prezzo per un contatto umano. Davide Van De Sfroos è sempre stato collegato ai suoi fans, e loro, e io con loro, vorremmo tornare a farlo al più presto."

Aspettiamo quel momento con gioia, Davide. Intanto, ascoltiamo la tua Madre Folk.