William Golding

William Golding Il signore delle mosche


Mondadori, 1989, £ 11.000

di Simona
IL ROVESCIAMENTO DEL MITO DI ROBINSON CRUSOE, L'ANALISI DISINCANTATA DEGLI ISTINTI DELL'ESSERE UMANO

Un aereo di giovani studenti scappati dall'Inghilterra nel corso di un'immaginaria terza Guerra Mondiale precipita su un'isola tropicale. Un gruppo di essi si salverà dal disastro e dovrà cercare di sopravvivere sull'isola. Tutti si aspetterebbero a questo punto uno svolgimento alla Robinson Crusoe ma l'autore ha altri progetti in mente. Ciò che vuole raccontare non è la vittoria dell'ingegno dell'uomo sulla natura né tanto meno desidera celebrare la superiorità della civilizzazione occidentale sulle popolazioni indigene, bensì ciò che mette in evidenza è la reazione dell'essere umano che, costretto ad una convivenza forzata in un ambiente ostile, rivelerà gradualmente la sua vera natura: brutale. Il Signore delle Mosche (traduzione letterale dal nome biblico Belzebù: simbolo di ogni male) da una parte sembra il classico romanzo d'avventura per ragazzi, dall'altra è evidente che il fine non è l'avventura in sé ma un'analisi disincantata e approfondita della natura dell'essere umano che, secondo Golding, è intrinsecamente malvagia. In effetti l'autore mette in scena il perenne contrasto fra il bene e il male mostrando il predominio degli istinti animaleschi sull'intelligenza, su ogni senso di colpa e sul senso del peccato. L'impatto di questa concezione tragica della natura umana risulta ancora più dirompente proprio perché l'odio sconfinato, in questo caso, non proviene da adulti inevitabilmente corrotti ma da giovani, ragazzi e bambini: gli "innocenti" per antonomasia. Golding ha una visione pessimistica dell'indole umana, e per lui l'uomo (anche il bambino) è intrinsecamente malvagio: tanto che i ragazzi trasformeranno il paradiso tropicale in un inferno di incredibile desolazione poiché essi regrediranno progressivamente verso uno stato di primitiva barbarie senza più freni inibitori. Il Signore delle Mosche(1954), concepito dall'autore per replicare alla sdolcinata, moralista e ipocrita letteratura per ragazzi del suo tempo, è certo un libro di grande potenza visionaria anche se risulta forse maggiormente coinvolgente per i più giovani; tuttavia presenta comunque interessanti spunti di riflessione validi per ogni età e ogni tempo. Dinanzi all'inevitabile senso di impotenza al cospetto di forze che appaiono superiori alle energie umane, alla fine non prevale la disperazione ma piuttosto uno stato di ironico disinganno (molto inglese?) evocato dalle parole pronunciate dall'unico adulto presente nel romanzo il quale, imbarazzato e incredulo, osservando lo sfacelo dell'isola riuscirà solo a dire: "Avrei pensato…avrei pensato che un gruppo di ragazzi inglesi…siete tutti inglesi, no?…sarebbero stati capaci di qualcosa di meglio…voglio dire…".

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