Urs Widmer Il grande amore di mia madre
Keller Editore, 2019 Narrativa Straniera | Romanzo
07/09/2019 di Eliana Barlocco
Questa è la narrazione della vita di una madre raccontata dal proprio figlio. La vicenda di una donna, Clara, che nutre una profonda passione e una inesauribile venerazione per un uomo, Edwin. Un uomo che, a sua volta, vive la propria vita in funzione dell’ardore che gli brucia nell’animo: il fuoco della musica. Clara incrocia il cammino di Edwin e lo segue durante tutta la sua crescita musicale. All’inizio seduta in prima fila e poi, via via che la narrazione prosegue, la sua presenza - nella vita di Edwin - si fa più remota fino ad arrivare ad occupare i posti più arretrati del teatro (sia in senso reale che metaforico). Ma non così, ovviamente, la passione di Clara per l’uomo. Quella rimane immutata, perenne. L’unico effettivo avvenimento che ha segnato, in maniera preponderante, la sua esistenza.
Una donna che osserva il mondo che le scorre innanzi. “Hitler invase la Russia, e mia madre piantava cipolle. Hitler si avvicinò a Mosca. Mia madre coglieva le rape.......” Le sofferenze quotidiane e i grandi eventi mondiali non scalfiscono quello che rimane il suo unico motivo di esistenza. La ripetitività del suo vivere la rendono sufficientemente forte nell’affrontare il mondo e gli eventi che ne conseguono. Ma nulla sembra intaccare l’ostinata sua convinzione che Edwin viva anche per lei. Eppure questa certezza non rende, ai nostri occhi, più odiabile lui o più amata lei. Ognuno dei due vive solo per una passione: il dramma è che questa non è la medesima.
Il racconto procede lineare per bocca di un testimone muto. Il figlio di Clara. Un bimbo che vede la madre sopravvivere, che ne osserva la vita per poi trasmetterla elevandosi, nel finale, a scudo della passione di sua madre. Il moto che ne consegue non cambia lo scenario, poiché la storia (in quanto tale) è ormai superata.