Rafael Courtoisie

Rafael Courtoisie Sfregi


Avagliano Editore - € 12,50

di Francesco Ongaro
Raccolta di racconti. Il più lungo, circa metà delle pagine del testo, dà il titolo al libro ed è il migliore, sia per l’ampiezza della visione sia per una lingua minuta e apparentemente fragile, ma che sa scavare nei labirinti psichici che conducono alla follia.

Il protagonista, Raul, sfregia con un coltello gli oggetti, l’intero mondo, per recidere il bozzolo della psicosi che lo accerchia, lo ingloba, lo digerisce, lo tritura. Una psicosi che è singola e collettiva, che scaturisce dalla dolorosa contrapposizione individuo alienato/società alienante. Odio i frullatori. Fanno paura. Le eliche strozzano la vita della frutta, la carne a fette delle banane, il culo dolce delle mele. I coltelli, invece, sono naturali e lenti.

La punteggiatura è ridotta all’osso: qualche virgola, periodi brevi – soggetto/predicato, soggetto/predicato/oggetto prevalgono – che hanno il tempo di respiri affrettati, ansiosi, insicuri. Introducono il lettore dentro alle vicende del protagonista e lo mantengono, nello stesso tempo, alla giusta distanza. Si ha, scorrendo le pagine, l’impressione di addentrarsi in luoghi frequentati da anime corrose da sofferenze secolari che mutuamente si rinnovano, però come accompagnati, come tenuti per mano da una guida vigile, in un saliscendi che entra ed esce dal racconto, lo seziona secondo piani differenti. Le frasi sembrano monoliti bianchi, allineati in logiche sequenze, con gli spigoli ben definiti. Appaiono sparse dentro un paesaggio spettrale, sotto un cielo pesante e ammorbante, cadono goccia a goccia dentro un’umanità dolente e solitaria, denudano coscienze, aprono sipari. Lame affilate incidono carni, provocano ferite nel tessuto di una società consumistica, autoreferenziale e disumanizzante, nella quale le merci hanno più valore delle persone – efficacissima la strage di prodotti che il protagonista compie in un supermercato all’inizio del racconto, con panico generale e intervento della polizia, il cui comportamento illogico e brutale ricorda i lunghi anni di dittatura militare che l’Uruguay ha dovuto sopportare -. Un lama affilata come immagine ambivalente di oggetto che può provocare la morte e, allo stesso tempo, squarciare la cortina di ipocrisia che circonda ogni individuo. Provocatoriamente: fare male, provocare dolore, per arrivare al male. Per indicarlo, isolarlo, forse esorcizzarlo. I coltelli si ossidano, si perdono. Le cicatrici si cancellano. I ricordi si spengono.

Tutto, anche le scene più assurde sono evocate – mai descritte – con una precisione di particolari quasi fotografica. Sono lì, reali e irreali nello stesso istante, senza che siano state dette. C’è in questa prospettiva una partecipe lontananza che si mantiene anche negli altri racconti che completano la raccolta. Tra questi, meritano maggiore attenzione La Terra Promessa – l’odissea di un uomo che tenta più volte, inutilmente, di entrare clandestinamente negli Stati Uniti – e Sodoma e Gomorra, nel quale l’autore rivisita e reinterpreta – o forse sarebbe meglio dire completa - il mito biblico.