P.j. Harvey & Seamus Murphy

P.j. Harvey & Seamus Murphy Il cavo della mano


La Nave di Teseo, 2017 Poesie | Viaggi | fotografia

21/01/2018 di Eliana Barlocco
Tra il 2011 e il 2014 P.J. Harvey e Seamus Murphy intraprendono un viaggio che li porta a visitare tre realtà differenti: Kosovo, Afghanistan e Washington D.C.. Da questa esperienza ne viene fuori una raccolta poetica/fotografica - Il Cavo della Mano - in cui la Harvey ci mette le parole, mentre Murphy le immagini. Entrambi gli autori non necessitano di grandi presentazioni; alcune delle poesie presenti in questa raccolta sono anche testi (rielaborati) del lavoro discografico della Harvey (The Hope Six Demolition Project), mentre gli scatti di Seamus Murphy testimoniano la sua esperienza in zone di guerra.

Il libro è suddiviso in tre parti, ognuna dedicata a un paese. Le poesie dedicate al Kosovo sono una manciata, un tuffo nella ricerca di una vita ormai passata. Aleggia nei testi, così come nelle foto, un senso di attesa, un tempo cronologico immobile, una staticità che è propria della vita al raggiungimento del limite dell'esistenza. Vi è un reiterato utilizzo delle immagini del cerchio e della chiave che sottolineano queste sensazioni: "...formano un cerchio che finisce dove comincia" (Dove comincia) o ancora "...parla di un cerchio spezzato" (Zagorka). Il cerchio quindi diviene simbolo di una circolarità del tempo in cui morte e vita si susseguono, e la chiave che apre (o forse chiude?) a nuove attese: "Una chiave - una promessa o un'istanza; com'è che è così senza speranza?" (Catenella di chiavi).

Anche in Afghanistan lo scenario è quello della guerra. La terra martoriata accoglie gli ospiti che arrivati, vi si sono insediati: "spero che sapremo quando è ora di andare" (La stanza degli ospiti). Le immagini ci portano in un mondo distrutto, dove la vita fa capolino (seppur impregnata di morte) attraverso il vicolo cieco della distruzione "io non vedo né attraverso né oltre" (Il Vetro) e la natura - presenza costante nelle foto - ci affascina con la sua immane e immobile bellezza.

Washington D.C. - la città del potere. Un potere fatuo, luogo sterile dove la politica si spoglia del proprio valore originario divenendo una muta cattedrale "tutto ciò che resta del Campidoglio non è che una roccia di quarzite antica tre milioni di anni" (Tre di notte a Washington D.C.). Le immagini di una povertà attorniata dal benessere, di una disperazione che va a braccetto col lusso, di un'umanità che non sa più a chi rivolgersi "quale Dio ti ha inviato? Dimmi esiste un Dio di niente o molto?" (Al più antico Homo Sapiens).

Poesie e foto che ci rimandano gli umiliati e gli offesi del/dal mondo, di un mondo che può essere sì lontano, ma che ritroviamo quotidianamente dietro l’angolo di casa. Parole e volti da ascoltare e osservare in modo tale che la voce del Poeta non sia più sterile nel rumoreggiare del mondo “La mia voce si disperse e non poté dar prova di se stessa in quella melodia straniera (Adhan). E sicuramente la voce della Harvey non lo è.