Paolo Siragna

Paolo Siragna Woodstock e poi... cinquant`anni di utopie musicali


Mimesis Edizioni, 2019 Saggi | Musica

19/11/2019 di Eliana Barlocco
“Woodstock fu solamente un weekend di vacanza lontano dai genitori per 300.000 ragazzini” (Frank Zappa). Quel fine settimana però ha segnato un interessante cambio d’epoca a livello globale e quei 300.000 ragazzini sono entrati, loro malgrado, nella storia. Paola Siragna, che di quella generazione è nipote, in Woodstock e poi... passa in rassegna quei 50 anni che ci separano dal 1969 con “gli occhi di chi, nato negli anni ottanta, ha subito il fascino di quel periodo”. Si chiede cosa rappresenti Woodstock, che tipo di influenza si sia lasciata alle spalle e soprattutto cosa ancora sia rimasto oggi di quel tempo.

 La lettura scorrevole, tocca le varie chiavi che hanno contribuito all’apertura della società moderna: superamento dei tabù sessuali, ricerca della spiritualità (declinata in tutti i suoi aspetti e sfaccettature), incontro e sdoganamento della psichedelia, ricordando gruppi e personaggi che hanno contribuito a decretare la grandezza (nonostante tutte le critiche che si possono muovere) dell’evento stesso.

 Interessanti per il panorama nostrano gli inserti intervista e memoriali di Ivano Fossati e Gianni De Martino. La storia di quell’ondata beat tratteggiata da entrambi ha alcuni connotati comuni: da un lato la ricerca, in una società priva di potere, di se stessi e della propria verità attraverso la musica, il viaggio, l’uso di droghe e dall’altro l’amara consapevolezza (nella parole di Fossati) che: “il sistema ha riportato la sua più formidabile vittoria, dall’interno direi. Ognuno ha il proprio collare da cane, solo che lo porta in tasca”.

 Ma al di là degli aspetti negativi (bassa commercializzazione di un’ideale) o della disillusione che, inevitabilmente l’età matura porta, non bisogna dimenticare l’enorme eredità culturale che simili movimenti ci hanno lasciato: nuove aree musicali da esplorare, nuove contaminazioni di genere, una ventata d’aria che ha scompigliato vecchie carte impolverate e non importa che si sia trattato solo “...di una parentesi, un’euforia effimera” perché qualsiasi fiamma lascia un segno e la sfida e la bellezza sta nel saper coglierli.  

 Gli ideali non scompaio, si appannano, vengono avvolti dalla nebbia della dimenticanza, magari si perdono e disperdono in mille rivoli. Ma stanno lì, latenti in attesa di essere risvegliati e di vestire nuovi panni come palline di mercurio che si spandono e non si rompono: “Dove siete finiti? Siete falliti, non è vero? Così dice la voce, quella che suona più alta, degli anni ottanta. Ma altre voci mormorano: non c’è fallimento, né scacco, non può esserci, dal momento che quelli lì andavano secondo un altro ritmo, seguivano un’altra logica, piuttosto enigmatica, a volte tragica, quella del desiderio e della libertà (chi ha mai detto che la libertà sia facile?). E alla fine si sono dissolti in ciò che è venuto dopo, pronti a ricristallizzarsi in un momento chissà dove chissà quando.”  (Elvio Fachinelli)