Paolo Nori

Paolo Nori Sanguina ancora. L`incredibile vita di Fëdor M. Dostojevskij


Mondadori, 2021, 288 pagg., 18,50 euro Biografie | Letteratura Straniera

29/05/2022 di Laura Bianchi
Viscerale, umorale, a suo dire affetto da bastiancontrarite e da ritrosogna, originale crasi fra ritrosia e vergogna, con un'inclinazione alla pigrizia e alla divagazione, eppure torrenziale, schietto, competente, coltissimo senza essere erudito, appassionato della letteratura in generale, e russa in particolare, in un momento storico in cui scrivere di Russia è difficile e delicato: Paolo Nori da Parma, residente a Casalecchio di Reno, docente, traduttore, scrittore, non necessariamente in quest'ordine, è stato al centro delle cronache, perché un suo corso alla Bicocca su Dostojevskij è stato osteggiato da funzionari troppo zelanti, al limite della cancel culture.

Invece, è importante avvicinarsi con animo sgombro da pregiudizi alla lettura del suo saggio, Sanguina ancora. L'incredibile vita di Fëdor M. Dostojevskij, scritto durante il primo lockdown, mentre tutta Italia era preda dell'ansia, sconfinante con l'ipocondria, e mentre Nori, ipercondrico, si sentiva come un Oblomov forzato, in una casa - nave, proiettata verso San Pietroburgo, e verso i tempi in cui visse e scrisse il prolifico, straordinario, autore di Delitto e castigo, I Demoni, I Fratelli Karamazov, e tanti altri capolavori.
Affrontare la vita incredibile di quello che venne definito artista del caos è un azzardo notevole: ma Nori ama Dostojevskij in modo tanto profondo e assoluto che riesce nell'intento, restituendo al lettore non una biografia, ma un ritratto, intenso, poetico, impressionista, che tiene conto non solo della complessità e delle contraddizioni dell'uomo, della genialità e dell'unicità dell'autore, ma anche del fascino perturbante e coinvolgente del clima intellettuale, sociale, politico, della Russia del suo tempo (e forse anche del nostro).

Pagine di grande letteratura, quelle descritte da Nori, ma anche pagine di grande letteratura, quelle scritte da Nori, che esplicita in piú punti l'inscindibile legame della propria vita con quella dell'autore, della nostra epoca con quella degli autori contemporanei a Dostojevskij, ribadendo il concetto, fondamentale (per lui, e per quanti amano davvero la lettura), della continuità fra pagina scritta, e letta, e vita vissuta, a qualunque latitudine di tempo e spazio ci si trovi, nel momento in cui si incrociano le parole di autori che segnano la nostra esistenza in modo indelebile.

Per questo, da quel lontano 1978, dalla prima volta in cui l'autore ragazzino, nell'ultimo piano della sua casa di campagna, incrocia Delitto e castigo, leggere Dostojevskij fa ancora sanguinare il cuore di Nori, ma anche il cuore di tutti noi: per questo, la sua incredibile vita, densa di scarti, colpi di scena, errori, ripensamenti, successi, dubbi, ci interroga, ci fa chiedere "E io?", con un'urgenza che rende imprescindibile leggere l'opera di chi l'ha vissuta. E per questo, l'andamento narrativo che Nori imprime alla sua opera rimanda al ritmo caotico, sincopato, nevrotico, oscillante, che potrebbe avere una nottata al casinó di Baden - Baden, in cui Dostojevskij si ostina ad andare, vincendo e perdendo infinite volte; perché il gioco, infine, è quello della vita, in cui si vince, si perde, si viene salvati a cinque minuti dall'esecuzione sul patibolo, si scrivono capolavori in ventitré o ventisette giorni, si commettono delitti e si subiscono castighi, o meglio pene, che si portano dentro con o senza dignità, si intrecciano amori, odi, amicizie, a volte senza scopo, a volte guidati da un istinto obbediente a una logica che non capiamo (p. 215, "La stessa cosa cento anni dopo", e una lunga, illuminante citazione di Erofeev.)

Il lettore, di Dostojevskij o di Nori, non puó non rimanere affascinato dal modo che entrambi hanno di rappresentare la vita, loro e nostra, ma, nel caso di Nori, approfondisce anche la conoscenza di un clima culturale irripetibile, in una nazione, la Russia, e in una città, San Pietroburgo, descritta, dagli autori che la abitarono, in un modo che dispiacerebbe alla proloco, come scrive Nori, ma che risplende della luce di intelletti che tanto hanno dato alla cultura mondiale (a pagina 27, è presente un elenco approssimativo, che dà le vertigini; ma scintillanti sono anche le digressioni su Puškin e su Gogol'). E comprende anche la complessità della resa interpretativa della lingua degli autori russi, che, nella loro polivocità, come la definisce il pluricitato Bachtin, mettono per iscritto una lingua eminentemente popolare, quindi non letteraria; uno sguardo sul mestiere di traduttore, di cui troppo spesso non si considera l'importanza, eppure vitale per comprendere appieno lo spirito degli scrittori. Si legga, ad esempio, il passo in cui Nori descrive l'incipit di Memorie del sottosuolo: rendere la cadenza malata del protagonista è sfida impervia, e l'italiano sfiora appena il mistero del russo.

Anche se Nori, in un passo, sembra criticare gli audiolibri, tuttavia ci sentiamo di consigliare, oltre alla lettura, anche l'ascolto dell'audiolibro, perché è letto da Nori stesso; la sua cadenza emiliana, la voce che si incrina a tratti, nei passaggi piú emozionanti, l'espressività con cui interpreta le numerose ed essenziali divagazioni sulla sua vita, forniscono all'ascolto una cifra originale, che aiuta a perfezionare la comprensione dell'intimo significato dell'opera: leggere aiuta "in questa cosa cosí difficile e cosí strana, stare al mondo".

 


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