Osvaldo Soriano

Osvaldo Soriano Ribelli, sognatori e fuggitivi


Einaudi, 2001, £ 16.000-€ 8.26

di Simona
E’ questo, come tutti quelli di Osvaldo Soriano, un titolo suggestivo, evocatore di promesse che l’autore avrà l’abilità di mantenere. Ribelli, sognatori e fuggitivi non è un romanzo ma una raccolta di articoli scritti tra il 1983 e il 1993. E’ soprattutto un libro che vale la pena di leggere perché si può imparare qualcosa e perché si farà la conoscenza con un autore che si fa davvero leggere con piacere. Osvaldo Soriano, argentino, parla di avvenimenti e personaggi –reali o immaginari poco importa- che sono finiti in qualche maniera a segnare l’immaginazione collettiva ma che, soprattutto, hanno da sempre appassionato lui per primo. E questo amore, questa tenerezza per i propri temi, la si avverte ad ogni tratto. Tra le pagine di questo libro incontriamo la tenutaria di bordelli più famosa d’Argentina, apprendiamo la storia della Coca Cola e viviamo un incontro di pugilato di Mike Tyson; partecipiamo all’incontenibile euforia per la vittoria del campionato argentino da parte della squadra di Soriano (il San Lorenzo!) e assistiamo alle celebrazioni per il bicentenario della Rivoluzione Francese. Poi incontriamo tra gli altri Gabriel Garcia Marquez, John Lennon, Jim Morrison, Fidel Castro, Carlos Gardel e l’incredibile don Salvatore: un vicino di casa di Soriano, emigrante italiano dall’età indefinibile, che trascorre le giornate seduto su una sedia all’angolo della strada nel quartiere della Boca, a Buenos Aires. Ma non solo, l’autore parla anche con lucidità della dolorosissima storia recente dell’Argentina: ricorda episodi, volti e nomi che ci raccontano una vicenda per noi sin troppo sconosciuta e incompresa la quale, già da allora, custodiva i germi del collasso di oggi. “Le classi dominanti odiano i sogni perché sono incapaci di generare una poetica del futuro. Preferiscono il pragmatismo perché sul terreno dell’efficienza la destra ha vinto sempre. (…) La vera salvezza è nell’audacia intellettuale, nella pazzia creatrice. Nell’utopia, che mantiene viva la speranza di essere migliori, un giorno.”
Osvaldo Soriano è bravissimo in questa carrellata di storie, ricordi e sensazioni, coinvolgendo il lettore in riflessioni serie od ironiche che mai si lasciano andare all’amarezza o al cinismo. Naturalmente il punto di vista dell’autore è noto, ma le sue posizioni di sinistra non agiscono in nessuno modo su uno stile lucido e intelligente, la cui sobrietà e tensione etica sono così evidenti da essere al di sopra di ogni critica. Percorrere con lo stile asciutto e affettuoso di Osvaldo Soriano immagini-chiave della società contemporanea, ha significato compiere un viaggio illuminante per comprendere un po’ meglio il mondo in cui viviamo. Un viaggio però disteso e piacevole, arricchito sì dalla dignità e dall’indignazione di chi ha vissuto periodi di meschinità sciagurata e stupida, ma anche temperato dalla simpatia emanata dalla penna di uno scrittore da cui è bello imparare qualcosa perché non te lo fa pesare. Uno capace di stupori profondi e profonde tenerezze.

“Il giorno in cui sono nato, c’era un gatto che aspettava dall’altro lato della porta.(…) A me, un gatto ha portato la soluzione per Triste, solitario y final. Era nero, con lo sguardo deciso, molto simile a Taki, la gatta di Chandler. Un altro, el Negro Venì, mi ha tenuto compagnia nell’esilio ed è morto a Buenos Aires. Ce n’è stato uno, di nome Peteco, che mi ha tratto d’impaccio molte volte nei giorni in cui stavo scrivendo La resa del leone. Vivevo insieme a una ragazza allergica ai gatti, e poco dopo ci siamo separati. A Parigi, mentre lavoravo a L’occhio della patria, in un quinto piano inaccessibile, mi è apparso un gatto equilibrista che camminava lungo i tubi delle grondaie. Per sentirmi più sicuro di me, ho messo un gatto nero all’inizio e uno rosso alla fine di Un’ombra ben presto sarai. Per dirla in parole povere: ci sono gatti in tutti i miei romanzi. Sono uno di loro, pigro e distaccato.”