
Onori, Brazzale, Franco La storia del jazz
Hoepli, 2020, 594 pagine, 29,90 euro Saggi | Musica
15/11/2020 di Franco Bergoglio
Tutto questo apparato rende la lettura piacevole e il tomo -di dimensioni importanti- facilmente utilizzabile anche per consultazioni random. Come si vede già da questa prima presentazione siamo in presenza di un lavoro articolato per mole di dati e conoscenze; il fatto che gli autori siano ben tre evidenzia la serietà della casa editrice e lo sforzo degli autori consci di poter offrire un prodotto più composito unendo forze e competenze diverse. Gli autori del volume sono infatti esponenti riconosciuti nel mondo del jazz ma i loro profili sono complementari: Maurizio Franco è un musicologo, Riccardo Brazzale un musicista e un compositore, Luigi Onori uno storico e giornalista. Certo, tutti e tre si muovono ad ampio raggio e sono anche saggisti e didatti, ma la loro formazione peculiare consente in definitiva di mettere insieme sguardi diversi sullo stesso oggetto, il jazz, con peculiarità che sarebbe difficile riunire in una sola persona. La storia del jazz che propongono gli autori ricorda alcuni preziosi manuali scolastici del liceo, spesso firmati da più esperti che uniscono le loro competenze specialistiche nel comporre un quadro unitario.
Con questo paragone non si vuole spaventare il lettore: il libro è scorrevole e la mole giustificata dalla storia ormai più che centenaria del jazz; una vicenda che viene analizzata in tutte le sue correnti e derivazioni stilistiche. Si parte con le radici della cultura nera, si esplorano i precedenti che portano alla nascita nei primi anni del Novecento a una forma musicale che negli anni si coagula sotto il nome di jazz. Sotto gli occhi scorrono gli stili, dallo swing al modale, dal bebop al jazz-rock, i grandi protagonisti da quelli classici come Armstrong o Miles Davis fino ai musicisti viventi che stanno scrivendo oggi la storia della musica e sono rappresentate tutte le scuole principali, da quella avanguardistica di Chicago al movimento M-Base, passando per le scene nazionali dal Giappone alla Grecia. Su questa completezza di dati si innesta una parte finale del libro che lo rende interessante non solo per chi si accosta oggi al jazz o per chi desidera avere una storia globale del genere, ma anche agli addetti ai lavori e agli appassionati di lungo corso. Il libro viene chiuso da due corposi capitoli: From Gagarin Point of View che si occupa del jazz globalizzato di fine millennio tra avanguardia e manierismi e Brooklyn Babylon che racconta le ultimissime evoluzioni del jazz in un proliferare di linguaggi e scambi; una musica che raggiunge finalmente una sua missione identitaria con il riconoscimento UNESCO come strumento di dialogo artistico tra culture diverse. Merito del libro è anche quello di raccontare la contemporaneità cercando di capire quali sono le linee di tendenza. Tra tante storie del jazz questa è la prima che si sporca le mani con i lavori degli ultimissimi anni, rasentando la cronaca: un paragrafo è dedicato alle morti di importanti jazzisti colpiti dalla prima ondata di Coronavirus.
Essendo scritta da autori italiani –e per il mercato italiano- uno sguardo più approfondito sul nostro Paese non solo è ammesso ma rappresenta anche un bel gesto di attenzione. Tanti sono i musicisti segnalati, le associazioni di riferimento, i premi, i fatti storici più importanti del jazz nostrano. Come reagisce il jazz alla sparizione della musica fisica? Come e dove si sta evolvendo il jazz contemporaneo? Queste sono le ultime domande alle quali il libro cerca, uscendo dalla frammentazione del presente, di dare una risposta.