Matthew Pearl L’ombra di edgar
Milano, Rizzoli 2006 - pp. 514, € 18.50 Romanzo | Saggi
di Luca Meneghel
Legato ad un grande della letteratura è anche il suo secondo romanzo, “L’ombra di Edgar”. Il 7 ottobre 1849 Edgar Allan Poe, uno dei padri della letteratura statunitense (insieme a Hawthorne e Melville), morì all’ospedale di Baltimora dopo essere stato rinvenuto (in pessime condizioni di salute) nella taverna dell’hotel Ryan, quattro giorni prima. La morte di Poe ha sempre suscitato molti interrogativi: ad oggi, nessuno sa ancora dire con certezza di cosa sia morto e come abbia trascorso i suoi ultimi giorni di vita il geniale autore degli “Assassinii della Rue Morgue”. Matthew Pearl ci ha provato, con un’opera che mischia un intreccio da romanzo ottocentesco e una seria ricerca da saggio storico (“Tutte le teorie e le indagini sulla morte di Poe presenti in questo testo si basano sugli avvenimenti storici e le prove più solide”, prove attinte da “archivi e centri di documentazione di sei Stati diversi”). Il giovane autore statunitense racconta le indagini di un avvocato di Baltimora, Quentin Clark, ossessionato dalla necessità di portare alla luce la verità sulla morte dello scrittore per poterlo riabilitare da infamanti accuse di alcolismo: ad aiutarlo nella sua ricerca, l’eccentrico parigino Duponte (che Quentin ritiene essere l’ispiratore dell’investigatore Dupin, protagonista della trilogia investigativa inaugurata dalla “Rue Morgue”), a mettergli i bastoni fra le ruote un - altrettanto eccentrico - avvocato francese, a caccia di soldi per pagare i propri rapitori. Quasi interamente ambientato in una piovosa Baltimora di metà ottocento, e con una breve parentesi Parigina, “L’ombra di Edgar” getta il lettore in una caccia senza sosta alla verità celata dietro la morte di un affascinante poeta. Inseguimenti, omicidi, colpi di scena, interventi più o meno provvidenziali portano Pearl a mettere sul piatto diverse ipotesi sulla morte di Poe, lasciando alle ultime pagine (come in ogni giallo che si rispetti) quella che ritiene più probabile dopo anni di ricerche e di studi personali. Mistero risolto? Non proprio: se l’ipotesi di Pearl (messa in bocca a Duponte) risulta credibile e razionale, mancano evidentemente prove certe. Prove che, il tempo, sembra avere cancellato per sempre. C’è molto giornalismo nell’“Ombra di Edgar”. Direttori disattenti, cronisti a caccia di panzane, bauli pieni di ritagli di giornale. C’è una popolazione, sempre più alfabetizzata e benestante, che pende dalle parole dei quotidiani in vertiginosa espansione. Ma il giornalismo, quello alla vecchia maniera, c’è anche nella struttura del romanzo e nel lavoro di Matthew Pearl: se “L’Ombra di Edgar” rimanda direttamente alla struttura dei roman feuilleton ospitati dai quotidiani del XIX secolo, con tanto di capitoli che si chiudono al culmine della tensione, dietro alla facciata del romanzo c’è anche il giornalismo investigativo, quello della vera e propria inchiesta condotta dall’autore sulla morte di Poe (che, al di là dell’ipotesi formulata, giunge effettivamente a portare alla luce molti elementi nuovi, riassunti nella finale “Nota storica”).
C’è infine, evidentemente, moltissimo Poe. Non solo estratti delle sue opere, ma anche squarci spaziali e tecniche narrative riprese evidentemente dai suoi romanzi: le deduzioni di Quentin e Duponte, del resto, richiamano direttamente il carattere deduttivo del Dupin di Poe, prototipo di tutti gli investigatori privati. Un altro centro di Pearl che mette insieme letteratura, storia e mistero per un sicuro successo presso qualsiasi lettore. Obbligo d’acquisto, evidentemente, per tutti gli estimatori di Poe.