Marco Dal Maso

Marco Dal Maso Da fuori a dentro


Nuovi autori, euro 13 emergenti

di Francesca Livraghi
Zibaldone “notturno” di frammenti, riflessioni, ricordi composti nelle ore che precedono l’alba quando è possibile patteggiare con se stessi senza filtri e ipocrisie, Da fuori a dentro è un originale percorso introspettivo in cui, con sottile ironia, Marco Dal Maso ripercorre esperienze biografiche significative. From out (side) to in (side) ci accompagna attraverso le pieghe di un animo inquieto, ma capace di raccontarsi con immagini dense di senso e introspezione.

Il flusso del pensiero scorre libero, come in uno “stream of consciuosness” in cui i personaggi, i fatti, le ambientazioni si susseguono rapidi in una consequenzialità quasi inesistente. Tema cardine della raccolta è un amore intenso e perfetto che nella potenza dell’inizio già in parte allude e prefigura la propria fine. “Sei sole e terra, nuvole e pioggia, buio e nebbia, sei torpore e rigidezza, sei fuori e dentro, sei altro e ancora da solo sulla strada…”: così ci appare la donna amata, una figura cosmica che racchiude in sé l’universo dei sensi, il mondo animale e quello vegetale. Ed è proprio la presenza quasi ossessiva del mondo naturale in contrasto con quello artificiale della quotidianità a rendere quest’opera prima ricca di un simbolismo acceso, a volte, forse, sovrabbondante.

La notte è il palcoscenico degli eventi, consente all’autore di partorire pensieri, gli permette di vivere il vero se stesso: la notte subentra al mondo, notte uggiosa, malavitosa, dignitosa (Poche parole); notti insonni e buie in cui si buttano i pupazzi e la povera gente che nell’oscurità del mondo vuole scomparire (Angoscia); la notte è fragile tra gli amanti che si muovono in simbiosi come le stelle nelle costellazioni (Percezioni), flash nel buio illuminano il volto di lei alla finestra (Riflesso), nel buio gli occhi non vedono eppur riconoscono la strada, i piedi non poggiano sul suolo eppure conducono nella fitta vegetazione (Notti fa). La natura inebria e addolora l’autore che ascolta il gracchiare delle foglie secche dell’albero, o si bagna nell’acqua che è oceano, mare, zampilli, l’acqua frizzante nel bicchiere, uno scroscio che si propaga sul pavimento del piano di sopra dileguando il sogno di lei avvolta da leggere stelle di sole.

L’amore e le riflessioni sulla vita, sulle disuguaglianze, sulla malattia che velocemente consuma il corpo di libellula di una dolce amica sono amare, a volte ciniche, più spesso consapevoli e critiche, come non ci si aspetterebbe da uno scrittore così giovane. Sensazioni tattili, acustiche, corporee, anche sgradevoli, si alternano in sequenze interessanti: “Fremente la mano porge alla bocca bicchieri rosso scuro e bionde incandescenti, ali di angeli cadono dalle pareti, gocce di porpora rigano di sangue il soffitto sovrastante, paludi di melma inzuppano i miei piedi paralizzandomi…” (Insonnia); “Un contrasto interiore come un masso rotolante ed incandescente dilania il petto e l’anima e fa tremare così forte da ricordare una felce durante una tormenta…tutto ingrigisce, il cubo si restringe sempre più e il tuo cervello sembra spappolarsi sotto la pressione di quelle pareti così spesse…” (Pills). Tuttavia, dopo slanci angosciosi come questi, capita di scivolare su petali di rose, di fiori profumati, sull’erba che germoglierà rigogliosa nei giardini di una città che può essere Londra, scenario sfocato ma ricorrente, di questa raccolta che va assaporata a piccoli sorsi. Il libro riesce a coinvolgere, ha la giusta intensità, amaro e denso quanto basta.