Louis-ferdinand Céline

Louis-ferdinand Céline Morte a credito


Garzanti, 2002, € 11,50 Narrativa Straniera | Narrativa

di Simona
“Il mio strazio, per me, è il sonno. Se avessi sempre dormito bene non avrei mai scritto un rigo…”

Con tale sottofondo nevrotico il libro si dipana lungo un dilatato flashback a partire da un “accesso” del medico Ferdinand, il quale prende a raccontare la propria infanzia e la prima giovinezza, tra deliri paradossali ed eccessi grotteschi. Una sorta di romanzo di formazione al contrario, segnato da fasi ben definite. Dalla fatica di sbarcare il lunario con il negozio della madre al primo lavoretto dopo la licenza elementare. Poi un susseguirsi di impieghi fino alla stramba parentesi inglese. Infine, l’ultimo rovescio, quello a fianco del truffatore-inventore Courtial. Una discesa nei gironi infernali dell’esistenza, ma senza guide e, su tutto, le difficoltà della vita e dei rapporti all’interno della propria famiglia, soprattutto nella relazione con il padre.

“Mia madre…ha fatto di tutto, lei, per farmi campare, è il nascere che non ci voleva. …Durante la giornata non c’era da stare allegri. Ricevevo più ceffoni che sorrisi, in bottega. Chiedevo perdono a proposito e a sproposito, ho sempre chiesto perdono di tutto….Soltanto una cosa avevamo in comune nella nostra famiglia, l’angoscia della pagnotta. Un’angoscia enorme. Fin dal mio primo vagito, io l’ho sentita…Me l’avevan subito rifilata addosso…N’eravamo posseduti tutti quanti nessuno escluso, in casa nostra. L’anima, per noi, era la tremarella. In ogni stanza, la paura di non farcela trasudava dalle pareti…

Un volume davvero complesso. Una traduzione arcaica ed una trama ininfluente perché, soprattutto, ciò che importa sono la sfrontatezza della lingua, originale come una scoperta, e la disperazione combattiva del piccolo protagonista. Addirittura, quasi, la nausea per questo vivere, seppure senza una deriva completa. Infatti, pur in tutto lo schifo espresso da Ferdinand, egli non spezzerà mai il legame con la propria famiglia. Un rapporto al di là dell’affetto, basato piuttosto su una sorta di connessione di sangue e sulla consapevolezza di un imprescindibile destino comune. Così, dopo il cinismo, assistiamo infine ad un pianto fluviale di fronte allo zio Auguste. Un pianto non liberatorio ma, in un certo modo, dolce: breccia finale aperta in una scorza precocemente indurita. Un aspetto, questo del legame famigliare, quasi sorprendente per tempi moderni ed emancipati, che vorrebbero libertà senza legami né responsabilità. O forse sorprendente anche allora, agli albori di ribelli esistenze metropolitane. Un’opera lunga, datata, difficile. E, tuttavia, con una forza dirompente dovuta ad un linguaggio furiosamente spregiudicato e ad una visione d’uomo senza speranza, preso com’è in una giostra di ladri, bugiardi, viziosi, meschini, scandalosi. Una visione però tutt’altro che drammatica, bensì grottesca e sarcasticamente passiva. E la lettura è proprio come un giro di giostra: stravolge finché dura, e poi ti lascia un leggero mal di testa.

“Febbre o no, le orecchie mi ronzan sempre e talmente da non permettermi di afferrar più gran che. E’ da quand’ho fatto la guerra che son ridotto così. M’è corsa dietro a più non posso, la follia…per ventidue anni di seguito. Carino, no? Ma io ho delirato più alla svelta di lei, l’ho fottuta, l’ho posseduta al “finish”. Ecco qua! Mi metto a sragionare, l’ammalio, la costringo a dimenticarmi….Spesso ho l’aria di uno che non ce la fa più. Le idee incespicano e rotolano nel fango. Non sono compiacente con loro.…Dico tutto questo per spiegare che al Bois de Boulogne fui colto da un piccolo accesso. Fo spesso molto rumore quando discorro. Parlo troppo forte. Mi si fa cenno d’abbassar la voce. Sputo un po’ in faccia alla gente, per forza. Son preoccupato. Vomito a volte in mezzo alla strada. Allora tutto si ferma. E’ la calma, quasi. Ma i muri ricominciano a muoversi… La vita ricomincia.”


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