Joseph O`connor

Joseph O`connor Il Gruppo


Guanda - pagg. 384, euro 18,50 Narrativa Straniera

26/09/2015 di Corrado Ori Tanzi
Storia di Robbie Goulding, chitarrista. Non proprio. Al centro c’è Fran Mulvey, il cantante. Ma neanche. Storia degli Ships, band che annoverava anche Trez, violoncellista, e suo fratello Seán alla batteria. Non è neanche così. Racconto di un sogno che iniziò a prendere forma a Luton, cinquanta chilometri da dove tutto era (ancora) appena nato. Primi anni Ottanta. Londra ruggisce ancora. È il mondo che brucia e Londra sta ancora chiamando.

Gli eroi dei Sixties & Seventies riescono a nascondere le rughe. Poi ci sono loro. I nuovi arrivi. The Smiths, U2, Duran Duran, Spandau Ballet, qualcuno cita Madonna, ma Madonna è lontana oltre un Oceano. I Joy Division sono già un ricordo che fa piangere schiere di fan. Il mondo giovanile brulica di suono e i suoni si vanno a cercare dentro a un negozio o in un concerto. Robbie e Fran vedono la loro creatura diventare sempre più importante. I singoli viaggiano nelle radio, le vendite si fanno cospicue, i live show diventano un evento di cui accaparrarsi il prima possibile il prezioso tagliando.

Gli Ships durano venticinque anni. Poi, come la storia del rock insegna, diventano carne marcia. Incominciano a puzzare dalla testa e allora ecco, benvenuto e naturale, il final cut. Il silenzio. Fino a una serata celebrativa con ospiti che tutt’oggi possiamo accaparrarci su Ticketone o iTunes. Perché la Storia può ripetersi. Se come farsa o tragedia può contare ben poco per chi l’ha scritta.

Una delle voci più interessanti della letteratura contemporanea british, l’irlandese Joseph O’Connor con Il Gruppo (The Thrill Of It All nell’originale) ci consegna un romanzo che apre il cuore e tiene schiacciato a tavoletta il tasto fast speed della memoria di ogni appassionato di musica rock e dintorni. Un “capitolo altro” rispetto al titolo che in prima battuta ci sale alla mente, Alta Fedeltà di Nick Hornby. Qui il racconto è in prima persona, ma soprattutto è un racconto da dentro. Dentro il Grande Circo della musica, disegnato con quei tratti di ironia nera che rimanda invece ad A Volte Ritorno di John Niven.

Cresciuto in mezzo a tanta musica e tanti dischi, Joseph O’Connor “incide” due facciate (quante sono le parti del romanzo) che si rivelano un vero e proprio vinile in letteratura. Scazzi individuali e utopie collettive, timori e rabbie quali doppio propulsore per i membri della band, immagine personale da tradurre in spinta erotica per i fan, insomma tutto l’immaginario svelato e annegato in qualche decennio di musica che, se non è stata presto più del diavolo, non è mai entrata in una chiesa.

Il catalogo di Joseph O’Connor ormai è bello ricco quanto la discografia della sorellina (una certa Sinéad…). La sua narrazione avvolge senza essere eccessivamente calda, è elegante ma sa essere stradaiola, è stradaiola senza diventare artatamente cool. Un album di famiglia quest’ultima fatica. Pieno di istantanee di quando eravamo, o pensavamo di essere, “belli, giovani e forti”.

 

Corrado Ori Tanzi

http://8thofmay.wordpress.com