
Jonathan Bazzi Corpi minori
Mondadori, 2022, pp.324, €19,50 Narrativa Italiana | Romanzo
16/06/2022 di Laura Bianchi
Dicono. Ma chi? Il secondo libro di Jonathan Bazzi sembra smentire ogni luogo comune; forse perché il percorso del trentasettenne milanese è delineato affinché non solo smentisca i luoghi comuni, ma li smantelli, li destrutturi, li annichilisca, li renda inserivbili per le generazioni future.
Corpi minori è la seconda opera di Bazzi, dopo quel Febbre, di cui questo romanzo costituisce una sorta di prequel, arricchito da un'ulteriore presa di consapevolezza: il fatto che, sì, sia possibile raccontare di sé in modo inedito, demitizzante, demistificatorio, urticante; e che, sì, sia possibile scrivere unendo gli estremi di cui sopra.
Perché Bazzi ha studiato, e studia, filosofia, e soprattutto ha letto le filosofe, spesso emarginate dal canone novecentesco, ma nel libro più volte citate, nella loro pregnanza di senso, generatrice di pensieri liberi e autentici; e perché Bazzi ha attraversato, e attraversa, tutte le problematiche dell'identità, della sua relazione con gli altri, e con un sé poliedrico, multiforme, corpo pensante, pensiero fisico, in una tensione verso una sorta di teoresi del materialismo che fa riflettere, e profondamente.
Di corpi si parla nel romanzo (giusto per incasellarlo in una definizione, dicono sia autofiction; ma lasciamo le definizioni al soggetto impersonale del dicono di cui sopra); corpi di umani, corpi di animali, corpi di case, strade, oggetti (libri, abiti, suppellettili, Flixbus e mezzi di trasporto), corpi ritratti nel susseguirsi delle mode social (da MySpace a Instagram, passando per Grindr). Lo sguardo di Bazzi, montalianamente, indaga accorda disunisce, e, pirandellianamente, scompone, con lucidità e amore, comico e umoristico, impietoso e affettuoso, a seconda che la sua penna si intinga nel desiderio o nel disincanto, nell'amarezza o nel desiderio. Perché ogni corpo emerge nitido, dalla scrittura, nel proprio bisogno di senso, nella ricerca di un posto nel mondo, o, ancor più difficile, nella vita.
Bazzi racconta di sé ventenne, del suo inesausto moto di attrazione del proprio corpo minore - stella? cometa? asteroide? accumulo di polvere o di gas? meteorite? pianeta? - nei confronti di quello che considera un corpo maggiore - Milano come il sole? -, con un'esattezza calviniana e uno stile fotografico, con frasi nominali, telegrafiche, alternate ad ampi periodi, densi di riflessioni filosofiche e antropologiche, in una simbiosi virtuosa, che illumina e inquieta. Le contraddizioni dell'essere umano vengono indagate con precisione spietata, anatomizzante, e Bazzi, senza dare un nome proprio alla voce narrante, utilizza la prima persona, ritraendola a tutto tondo, non per separarsi dai lettori in un vuoto egotismo, ma per accoglierli, comprenderli, metterli di fronte alle miserie e alle nobiltà di tutti e di ciascuno, nei momenti più prosaici e quotidiani e in quelli più unici e caratterizzanti, nelle perversioni e negli slanci, nelle ossessioni e nelle speranze.
La Milano - corpo maggiore viene dunque dissezionata in una molteplicità di vie, piazze, case, locali, in equilibrio fra interni ed esterni; e l'amore - corpo maggiore, di cui Milano è icona, viene presentato nel suo cercarlo, intravvederlo, farlo fiorire, percepirne lo sviluppo, avvertirne le insidie e i vacillamenti, in un continuo moto di attrazione e repulsione, forza di gravità inscindibile dal nostro essere corpi (perché tutti i corpi sono minori sotto la lente del desiderio (p. 283)). La voce narrante ricapitola i propri incontri con gli altri corpi, che scippano, studiano, picchiano, fanno l'amore o fanno sesso, lavorano, abbracciano, gemono, muoiono, ballano, sballano, ridono, soffrono, ognuno con i conti da fare con la forza di gravità impermanente, che tutti attira e fa vivere. E i lettori seguono il percorso ondivago dei corpi, solo apparentemente mossi da un bisogno di sopravvivenza economica, ma invece spinti dal desiderio di una vita affettiva che oltrepassi la mera materialità.
Un romanzo necessario, per fare piazza pulita dei luoghi comuni di cui sopra; e di tanti altri.