
Hermann Broch L`incognita
Luca Crescenzi (Traduttore) Carbonio Editore, 2022, 192 pagine, 14,50 euro Romanzo | Scienze
03/03/2022 di Laura Bianchi
Hermann Broch (1886 - 1951), uno dei massimi autori del Decadentismo tedesco, ancora troppo poco conosciuto e letto, rappresenta la sfida fra intelletto e volontà nel romanzo L'incognita, scritto in quattro versioni nel 1933, e ora pubblicato da Carbonio Editore, dopo oltre quarant'anni di assenza, con la brillante traduzione di Luca Crescenzi, che firma anche la cristallina introduzione.
Richard Hieck, il protagonista, è un matematico di estrazione proletaria, che non rinuncia ai propri studi sulla teoria degli insiemi, nonostante abbia accettato un impiego in un osservatorio astronomico, cercando quindi una via per conciliare astronomia e insiemistica, e quanto queste scienze simboleggiano nella sua vita quotidiana: rivestire il goffo abito della sua esistenza di un tessuto trascendente, trovare il punto di contatto fra esattezza dei numeri e imperfezione del prosaico, fra tensione all'assoluto e materialità, di cui egli stesso è simulacro, composto com'è di un viso scarno e ascetico, imperniato su un corpo pingue e goffo.
Attorno a lui, una famiglia mitteleuropea, minimamente toccata dagli eventi storici del tempo (il 1927), claustrofobica, segnata dal lutto e dalla separazione, con un padre morto, o meglio, tornato all'oscurità da cui proveniva (Venivano dalla notte e andavano verso la notte), una madre preda dei rimpianti per il fatale scorrere della vita, e due fratelli che vivono lontano, mentre altri due cercano il proprio senso in direzioni divergenti, Suzanne verso il fanatismo religioso, Otto verso l'edonismo inconcludente.
La dimensione di un indebolimento dell'essere, di una multiforme incertezza dell'essere, che sembra anticipare la celebre definizione kunderiana, sembra essere prima intuita, poi compresa appieno dal solo Richard, che si emancipa dall'atmosfera familiare attraverso la ricerca di una costruzione di equilibri che consiste in sé di vuote relazioni, il prodigio della matematica, e decide, senza quasi sceglierlo autonomamente, di abbracciare una scelta complessa, che valorizzi lo slancio vitale, senza dimenticare il suo fondamento di matrice esistenzialistica: gettato sulla terra, l'uomo respira e il suo sogno si leva dalla terra verso l'alto, scrive Broch, riportando il pensiero di Richard, in un discorso indiretto libero che avvicina la sua scrittura ai modelli alti del Novecento, da Proust a Joyce a Svevo.
La gettatezza dell'uomo sulla terra, dall'oscurità alla luce, per tornare all'oscurità, iter che ci accomuna alle stelle, fa di Richard un cupo ottimista, che sa dove andrà quando la luce si spegnerà, ma che per questo cerca l'incognita dell'equazione della vita, scandita dal succedersi delle stagioni, dalla mutevolezza del tempo, atmosferico e cronologico, e dall'incessante trasformarsi della materia e dello spirito.
L'incognita è un romanzo composito, complesso, scaturigine di altri potenziali romanzi, che seguono le vicende degli altri coprotagonisti, tutti, comunque, legati da un insieme inscindibile, di ampio respiro, perfettamente assecondato dalla voce di Broch, maestro nell'alternare oggettività e soggettività, presente, passato remoto, imperfetto, in uno slancio onnicomprensivo, che rende la lettura coinvolgente, appassionante, pur nell'assenza quasi totale di suspence, o forse proprio perché, nella sua banale prosaicità, chiama in causa ciascuno. La lingua di Broch, resa in un italiano pregnante dal suo traduttore, si incide nella nostra memoria con la perspicuità di una scienza esatta e la suggestione della poesia; e, a libro chiuso, ci scopriamo a riflettere, di nuovo, sulle nostre scelte e sul loro senso. Broch ha colto nel segno.