Hans Magnus Enzensberger

Hans Magnus Enzensberger Tumulto


Einaudi, 2016 Narrativa Straniera | Narrativa Straniera | Diario di vita

13/05/2016 di Corrado Ori Tanzi
Leggere Hans Magnus Enzensberger resta una delle poche attività in cui uno dei due interlocutori, il lettore, si sente sempre a pieno una persona intelligente e colta. Non perché lo sia di natura o per meriti acquisiti. Ma perché l’altro attore in causa, l’autore, lo rende tale con la forza della narrazione con cui accompagna idee, memorie e riflessioni sullo scibile umano. Sia chiamata in causa la giustizia piuttosto che la cultura, la matematica piuttosto che la attualità sociale organizzata, l’intellettuale tedesco, ormai giunto alla magnifica età di 87 anni, conduce chi ha deciso di dedicargli il proprio tempo in una terra dove anche chi parte non sapendo prosegue avendo la forte sensazione di compartire un’esperienza in comune.

Pescando a caso, fu così con Interrogatorio all’Avana, altrettanto si può dire leggendo Il mago dei numeri e lo stesso accade con Il perdente radicale. Ora è la volta di Tumulto (Tumult nell’originale), diario di una vita attraverso i tempi, le Nazioni e le genti che le hanno abitate facendo la Storia del secolo scorso.

Il più biblioterapico degli scrittori contemporanei tedeschi ci regala pagine d’annata in cui ci accomodiamo a nostro agio. E guardiamo la lucida fotografia di quel pachiderma chiamato Urss, conosciuto enne-volte, patria di allineati dove conobbe in un’occasione propedeutica per la sua sete di libertà e anticonformismo il presidente Nikita Chruščëv (più uno stuolo di colleghi scrittori occidentali ben più bravi a far da leoni della macchina per scrivere in casa che a battere dove il dente duole in trasferta) e dove nacque la sua grande storia d’amore con Maša, il suo “travolgente romanzo russo”, avversata dai costumi di un’epoca a riguardo della quale oggi scrive: “Un uomo di quarant’anni non è disposto a obbedire a un potere che vuole proibirgli di vivere con la donna che ama. È sempre stato così e così sempre sarà”.

Poi passiamo a sfogliare l’album dell’Avana post-rivoluzionaria, sempre in equilibrio tra tentativo di dare sinceramente al socialismo di governo un volto umano e solidale e i risvolti conditi di un’ottusa burocrazia al cui confronto la ministerialità italica è roba da dilettanti. Castro né dio né demone, ma politico che, esaurita la grande spinta iniziale, è finito col mettere il piede nelle orme dei grandi reazionari del suo tempo (la parabola dello scrittore Heberto Padilla, imprigionato per condotta non omologata alla voce del regime è raccontata in pagine di grande chiarezza). E poi la RAF con quei due leader, Ulrike Meinhof (“una suora senza abate”) e Andreas Baader, incapaci di portare avanti neanche il loro condominio, l’atmosfera di Berlino nel 1968 quando in un auditorium del Politecnico arrivarono in tremila a sentire parlare del Vietnam (ora quella cifra la si trova moltiplicata solo nei centri commerciali), gli Usa, la Cambogia, la guerra del Vietnam. Un periodo eccezionale che tutto d’un tratto finì, regalandoci una normalità a tratti sottovuoto.

Il Frankfurter Allgemaine Zeitung lo ha definito “un sublime godimento letterario e un capolavoro di ironia”. I tedeschi hanno fatto la cosa giusta.

 


Hans Magnus Enzensberger, Tumulto, Einaudi, pagg. 240, euro 19.50

 

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