Giordano Criscuolo

Giordano Criscuolo Le parole che non scrivo


Il filo, 2008 Emergenti | Romanzo

di Arianna Marsico
Alex e Aidi sono tornati e cresciuti. Leggendo “Le parole che non scrivo” è difficile non pensare a “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” di Brizzi. Questo non significa che ne sia la copia: diciamo piuttosto che le due opere nascono da un substratum comune, fatto di musica, di sogni ad occhi aperti, di voglia di essere autentici. La trama è piuttosto semplice: Manuel, musicista avido lettore e studente di lettere, incontra dopo ben sei anni Annalisa, il suo folle amore taciuto del liceo. E l’incontro non sarà privo di conseguenze, perché lei, la sua “Marlene”, la sua “Eleonora Duse”, alla quale aveva scritto tante lettere mai consegnate, riesce ancora, con i suoi occhi verdi e le sue “labbra bellissime” a fargli provare sensazioni travolgenti. I fatti si svolgono nell’arco di pochi giorni, ma sono intarsiati di poesie per Marlene (soprannome non casuale, che richiama sia i Marlene Kuntz che l’ammaliante Marlene Dietrich) ,di flashback sugli anni di liceo e sulla musica. Già, la musica. Sembra essere lei la vera protagonista, più che Manuel (nome come omaggio al leader degli Afterhours?) ed i suoi amici sempre arrabbiati contro “tamarri” e compagnia, o Annalisa con le sue contraddizioni. Il libro, infatti, col suo linguaggio colloquiale ma non triviale, è un omaggio a tutto ciò da cui è stato più o meno consapevolmente accompagnato chi è nato tra la fine degli anni ‘70 e‘ 80: Nirvana, Pearl Jam, tutto il grunge, CCCP, Marlene Kuntz e non solo. Non è un caso che molti dei gruppi citati nel romanzo cantino testi carichi di disillusione: se Alex può sperare che Aidi ritorni, Manuel dovrà riavvicinarsi alla realtà. Significative sono queste parole: “La rivoluzione è il coraggio di cambiare. La rivoluzione è interiore. La rivoluzione è tagliarsi i capelli e farsi la barba.[…]La rivoluzione è pensare a quanto si era buffi nelle okkupazioni e nelle autogestioni e a quanto siano ridicole le danze puerili dei girotondini”. Ma in fondo, cantava Guccini in “Eskimo”: “A vent'anni ( ma anche meno, ai tempi del liceo NdR) si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell' età”. Ed essere “rock”, ossia “verità assoluta” (come scrive Criscuolo) vuol dire anche superare queste balle. Meglio se con la musica, gli amici, la birra ed il whiskey.


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