Franco Fabbri

Franco Fabbri Il tempo di una canzone. Saggi sulla popular music


Jaca Book, 2021, 360 pagine, 22 Euro Saggi | Musica

26/07/2021 di Franco Bergoglio
Se vi interessa la popular music in tutti i suoi aspetti, Il tempo di una canzone. Saggi sulla popular music, una raccolta dei più recenti saggi scritti da Franco Fabbri, edita da Jaca Book, diventerà per voi un must. Fabbri è stato uno dei primi studiosi della popular music, non solo in Italia. Ha saputo portare questa materia in ambito accademico, dopo essere stato impegnato “sul campo” come musicista e autore nel gruppo degli Stormy Six e comparendo tra i fondatori de l’Orchestra (1974), una delle prime etichette indipendenti italiane. Proprio l’esperienza su base cooperativa e ramificata in tutta Europa de l’Orchestra, nella quale gioca un ruolo di primo piano il gruppo degli Stormy Six, offre lo spunto per raccontare le vicende artistiche e politiche di un preciso periodo storico.

L’autore ricorda gli esordi nel 1981 degli studi relativi a questa disciplina, con la conferenza di fondazione ad Amsterdam della IASPM (Associazione internazionale
per lo studio della popular music), vissuti da protagonista. Nella prima parte del saggio brilla un ricco approccio storico alla popular music: canzone napoletana ottocentesca, song americano, rebetico, rock, beat, canzone d’autore. Tra i contributi più originali, il capitolo indaga quella sorta di triangolo mediterraneo della canzone che coinvolge Napoli, Smirne, Atene; con osservazioni capaci di aprire al lettore nuovi orizzonti, come avviene nel passo che segue:
"È notevole la somiglianza dei processi che hanno portato (tra i primi dell’Ottocento e i primi del Novecento) alla definizione di nuove musiche popular in contesti multiculturali, spesso rappresentati da città portuali (all’epoca non particolarmente grandi): Lisbona, Cadice e altre città andaluse, L’Avana, Buenos Aires e Montevideo, New Orleans, Smirne, Atene. E poi nelle grandi aggregazioni metropolitane (portuali o no): New York, Londra, Parigi, Istanbul. Fado, Rebetico, jazz, flamenco, tango, canzone francese e napoletana" (p. 52).

Altri capitoli si presentano con quelle che potremmo definire “spigolature” su temi analitici come il discorso sul sound (dalle surf band al progressive rock, passando per Peter Gabriel e De André), o quello sullo studio dei vari generi musicali, da una acuta lettura dei pensieri sulla musica di Umberto Eco a riflessioni su quel vero “macigno” rappresentato da Adorno. C’è spazio anche per parlare di colonne sonore, tecnologia, industria discografica.

Nei saggi del volume la musica viene aperta, vivisezionata come sul tavolo
dell’anatomo patologo, alla ricerca del suo “senso”. Ma poi, la musica ha un senso? A questo proposito è rivelatore il passaggio di uno dei capitoli che si sofferma sul vecchio tema della semanticità della musica, facendo dialogare il fantasma di Adorno e quello di altri studiosi sul significato che di volta in volta viene attribuito alle note. Un tema che diventa caldo quando il significato che si vuole attribuire alla musica è squisitamente politico.

Oggi tutto questo dibattito è decisamente “un caso freddo”, ma non è sempre
stato così. Comunque tra gli altri studiosi viene citato da Fabbri anche Sidney Finkelstein (1909-1974), un nome poco noto nel nostro Paese. Critico, responsabile delle elaborazioni teoriche sulla musica nonché figura di spicco nel Partito Comunista degli Stati Uniti, in quanto tale è soggetto alle attenzioni persecutorie della Commissione McCarthy, quella che alla ricerca di presunte spie rosse ha falcidiato buona parte del mondo culturale americano negli anni Cinquanta.

Certo, come precisa l’autore, nel saggio How Music expresses Ideas (1952) Finkelstein sostiene le tesi fuori moda del realismo socialista, quelle di una musica che si può -e si deve- mettere al servizio della politica di popolo; eppure lo studioso americano è stato anche un tenace difensore del jazz nero, in grado di
abbattere molti pregiudizi ancora in auge presso la critica ufficiale. Anche in campo jazz il nome di Finkelstein ha subito una damnatio memoriae e quindi ben venga il richiamo alla sua figura: un altro merito, nascosto, nel libro.

In chiusura, per dare il senso della varietà del volume, citiamo ancora uno dei temi trattati, quello del plagio in musica. L’excursus parte con alcuni riferimenti “classici” presi dalla critica letteraria sull’asse Borges-Bloom in merito al tema dell’ascendente esercitato da uno scrittore cardine verso i suoi epigoni, in pillole la formula secondo la quale “l’influenzato crea i suoi predecessori”. Il tema del plagio termina poi con la disamina dell’emblematico caso di violazione del diritto d’autore
che ha contrapposto in un match improbabile Albano Carrisi e Michael Jackson.


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