Francesco Cataldo Verrina

Francesco Cataldo Verrina JAZZ. Uomini e Dischi /Dal Bop al Free


Kriterius Edizioni, 2020, pp. 588, euro 36 Saggi | Musica

15/05/2021 di Franco Bergoglio
“Francesco Cataldo Verrina effettua una scelta di campo - dal bebop al free jazz - che non riguarda soltanto un ventennio particolarmente felice per la modernità jazzistica, ma attiene al momento storico in cui l’album jazz diventa un feticcio, un emblema, un culto, uno status symbol e soprattutto un ‘mito d’oggi’ per usare un’espressione del socio-semiologo francese Roland Barthes: si tratta appunto di una mitologia contemporanea che, per la musica, emerge unicamente grazie al jazz, per trasferirsi negli anni ‘70 tra gli anfratti del rock e della pop music prima della scomparsa (momentanea) del vinile a favore del compact-disc mai amato da jazzologi, jazzofili, jazzomani”.
Scrive queste parole Guido Michelone, firmando la prefazione di JAZZ. Uomini e  Dischi /Dal Bop al Free, il bel volume di Francesco Cataldo Verrina: un autore che si schiera senza paura nello scegliere il periodo “aureo” del jazz e che, sfidando il conformismo, estrae con mano sicura da una discoteca virtualmente infinita (chi lo segue sui social lo sa bene) capolavori conclamati e perle inaccessibili. Si potrebbe pensare: ma così si vince facile! Certo, per i jazzofili di lungo corso e su un repertorio del genere non ci sono grandi sorprese, ma qualche frisson lo si prova sempre nel ritrovare i vecchi amici, nel tirare fuori dischi impolverati e riascoltarli sull’onda delle descrizioni energiche e poco paludate messe in campo dall’autore.

Questo libro ci ricorda che il jazz non è (solo) materia per convegni. Basta con le cravatte sbagliate, la noia repressa per educazione a un concerto cervellotico. La musica deve smuovere qualcosa di diverso che non c’entra con titoli accademici, promozioni e carriere nelle istituzioni, blasoni vari e fumus parolaio per ottenere contributi pubblici. I dischi del periodo scelto da Verrina (con un netto predominio di bebop e hard bop), sotto la puntina friggono sentimenti e corpi, scaldano il sangue nelle vene; occuparsi di loro oggi significa tirare fuori dai solchi quelle emozioni, andare alla ricerca del tempo perduto Un concetto che esprime anche l’autore nella sua azzeccata auto-presentazione. “L'approccio ideale al nostro libro potrebbe essere una serata tra amici con un caminetto acceso, un buon bicchiere di vino ed un giradischi su cui ascoltare alcuni vecchi vinili, mentre un'immaginifica voce fuori campo faccia da guida, dando qualche indicazione, piccoli consigli, informazioni utili e riportando curiosità e aneddoti legati alla vita degli artisti in oggetto”.

Certo, viste le dimensioni del libro (quasi 600 pagine) e il numero imponente di dischi analizzati, questo gruppetto di amici dovrebbe avere davvero molto tempo... I capitoli assemblano i dischi secondo affinità elettive (Il jazz, l’Africa e l’impegno civile), li radunano con piglio ironico (Presidenti, onorevoli e senatori a vita), o tramite vivide immagini (Sassofoni roventi). Ovviamente il periodo trattato è caratterizzato da personalità esplosive alle quali l’autore offre ampio spazio: inutile elencare tutti i soliti noti come Davis, Mingus, Monk, Coltrane, Coleman o Jarrett; il libro però frequenta anche le discografie di Donald Byrd, Gato Barbieri, Eric Dolphy e molti altri.

Cataldo Verrina non nasconde le proprie preferenze e ha un certo gusto per i giudizi tranchant. Tanti jazzofili, in un simile diluvio di dischi, si metterebbero a fare “critica della critica”, a cercare cosa manca e cosa è di troppo. C’è poco Bill Evans per i gusti di qualcuno? Ma cosa importa quando viene recensito un capolavoro dimenticato come l’incontro tra il pianista e l’altoista Cannonball Adderley in Know What I Mean? (1961). A pensarci è anche strano che non lo ricordi mai nessuno pur essendo un figlio-vinile di Kind of Blue con due degli elementi del cerchio magico di Miles Davis e l’eleganza in guanti bianchi fornita da metà del Modern Jazz Quartet. Solo il jazz offre queste possibilità, non ci sono dubbi. E comunque dove avrò messo Know What I Mean? Devo metterlo subito sul piatto…