
Emanuele Trevi Due vite
Neri Pozza; Collana: Bloom; 2021; 128 p., 15 euro Letteratura Italiana | Romanzo
27/08/2021 di Laura Bianchi
C'è Pia Pera, traduttrice, scrittrice, animatrice culturale, saggista, dolce, incantevole nel tratto, luminosa e positiva, ma vittima da infilzare in amore, consumatasi per la SLA a sessant'anni.
E c'è Emanuele Trevi, amico devoto di entrambi, che cerca di avvicinarsi alle due figure cercando la distanza giusta, che è lo stile dell'unicità. Obiettivo pienamente raggiunto in Due vite, appassionato e lucido, netto e complesso, filosofico e immediato, romanzo, saggio, biografia, autobiografia insieme. Contenere in poco più di un centinaio di pagine due, anzi, tre vite è una sfida che solo uno scrittore completo può vincere; e Trevi ha vinto la sfida, e un premio fra i più prestigiosi in Italia, lo Strega 2021.
Premio meritato, non solo per il miracoloso equilibrio con cui Trevi fa stare insieme la parabola morale e il dialogo, il ritratto e gli excursus aneddotici, la storia massima e quella minima di un mondo, quello della cultura italiana, troppo spesso raffigurato da fuori, e non da uno dei suoi protagonisti. In Due vite c'è altro: c'è l'amore, amore autentico, di un amico per due figure imprescindibili nella sua vita, cosicché le vite diventano tre, infine; tre esistenze molto diverse fra loro, nelle premesse e nelle conclusioni (per Trevi, provvisorie), ma accomunate dallo stesso affetto per la vita in sé, come coacervo di esperienze e di slanci inesausti.
C'è uno stile, che guida la narrazione, con polso fermo, ironia lieve, descrizioni puntute, ritmo implacabile, italiano impeccabile, accenti vibranti e immagini di bellezza e dignità indimenticabili: come il concerto di Beethoven suonato da Argelich e ascoltato da uno sconosciuto, portato, con la flebo al braccio, in una barella sotto al palco, o come l'attaccamento alla cura del giardino da parte di Pia Pera nei suoi ultimi giorni di vita.
C'è Roma, con le sue strade, le piazze, le chiese, gli incontri, i fermenti, i personaggi che hanno animato la vita dei protagonisti, la natura che abbraccia gli uomini, come proteggendoli; c'è la cultura, con gli infiniti rimandi alle opere composte da Pera o da Carbone, ma più spesso dai loro ispiratori, da Puškin a Courbet, la cui L'Origine del mondo diviene l'anello di congiunzione fra l'inizio e la conclusione del racconto, la cifra interpretativa segreta, suggerita da Trevi al lettore per comprenderne meglio l'intenzione, Eros e Thanatos uniti.
Infine, appunto, c'è la morte, affrontata da Trevi con fermezza e dolcezza, nella riflessione sulla "tela della sorte" e su quanto resta del transito terrestre, incarnato dalla tragica figura di Elpenore, morto per distrazione, eppure reso immortale da Omero, dell'immortalità provvisoria della nostra civiltà. Ed è qui che il Trevi narratore coincide con il personaggio Trevi, che si specchia, con sbigottita nitidezza, nelle due vite, e nelle due morti, per rendere omaggio, caldo di amicizia, all'impalpabile divinità, la vita felice.
Scrive Trevi: "Perché noi viviamo due vite, entrambe destinate a finire: la prima è la vita fisica, fatta di sangue e respiro, la seconda è quella che si svolge nella mente di chi ci ha voluto bene. E quando anche l’ultima persona che ci ha conosciuto da vicino muore, ebbene, allora davvero noi ci dissolviamo, evaporiamo, e inizia la grande e interminabile festa del Nulla, dove gli aculei della mancanza non possono più pungere nessuno." Ecco il significato del titolo: le due vite non sono solo quelle dei due protagonisti, ma quelle di ciascuno di noi, e la seconda di esse è tanto più preziosa, in quanto è la somma di ciò che abbiamo lasciato nel ricordo di coloro che abbiamo amato. In questo senso, scrivere significa vivere, e far vivere.