Elio Vittorini

Elio Vittorini Uomini e no


Mondadori, 1990, € 6,20

di Simona
SE ANCHE GLI ASSASSINI SONO UOMINI ALLORA COSA E’ MAI L’UOMO?

In una Milano occupata dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale, una città per certi versi lugubre e attonita ma, per altri, ancora vibrante di sdegno e capace di reagire, l’autore racconta le vicende di un gruppo di partigiani imbastendo una riflessione sul senso profondo della dignità dell’uomo e della vita. Ed è attraverso le aspirazioni e le attività quotidiane di uomini semplici e “normali”, quasi costretti a farsi combattenti, che emerge l’atrocità della violenza.

"Essi avevano, ognuno, una famiglia: un materasso su cui volevano dormire, piatti e posate in cui volevano mangiare, una donna con cui volevano stare; e i loro interessi non andavano molto più in là di questo, erano come i loro discorsi. Perché, ora, lottavano? Perché vivevano come animali inseguiti e ogni giorno esponevano la loro vita? Perché dormivano con una pistola sotto il cuscino? Perché lanciavano bombe? Perché uccidevano? (…) Perché, se non erano terribili, uccidevano? Perché, se erano semplici, se erano pacifici, lottavano? Perché, senza aver niente che li costringesse, erano entrati in quel duello a morte e lo sostenevano?"

Così, è quasi per caso che la Storia diventa tale, dipanandosi attraverso le storie di ognuno e, in particolare, attraverso la storia frustrata fra Berta e il capitano Enne2, un partigiano attivo e coraggioso ma anche un uomo disperato che, disperatamente, tenta di non cedere alla mancanza di senso che sembra pervadere ogni azione. Quale è il senso se Berta vuole stare con lui e invece dieci anni prima se ne è andata con un altro lasciandogli il vestito appeso alla porta, tenuto lì come il fantasma della sua presenza; quale è il senso se lei continua a cercarlo e lui può non cercarla, quale è il senso se ogni volta che lui aspetta lei non arriva? Quale è il senso della lotta se ogni azione è destinata al fallimento, se la distruzione e l’orrore si affacciano ad ogni angolo di strada. Quale è il senso se il capitano Clemm può dare in pasto un uomo a suoi cani? L’uomo disperato è l’uomo, senza dubbio lo è. Ma l’uomo che conquista e uccide è uomo anch’esso: cos’altro è se non uomo? E’ lupo? No, è uomo anch’esso.

In Uomini e no, uscito nel 1945, c’è quindi il tentativo di dare voce a cose che per anni erano state soffocate ed anche, per la cifra stilistica con cui è scritto (l’autore che si presenta egli stesso in prima persona come autore di quella storia e dialoga con i suoi personaggi, la scrittura caratterizzata da iterazioni e da uno stile cadenzato ed evocativo) c’è anche l’occasione di scoprire una sorta di laboratorio della letteratura in cui vengono esibite le sue strutture nascoste.

“Io a volte non so, quando quest’uomo è solo – chiuso al buio in una stanza, steso su un letto, uomo al mondo lui solo – io quasi non so s’io non sono, invece del suo scrittore, lui stesso. Ma, s’io scrivo di lui, non è per lui stesso; è per qualcosa che ho capito e debbo far conoscere; e IO l’ho capita; IO L’HO; e io, non lui, la dico.”

Alla fine il capitano Enne2 finirà con il cedere alla tentazione di “perdersi” ma solo in parte. Poi, in mezzo all’orrore e causa essi stessi di orrore, gli altri uomini continueranno a battersi. Uomini contro uomini. Così come sempre e così da sempre; tuttavia quello che questo libro ci può dare in più è non solo la messa in scena della storia, ma della nostra storia.

“Chi aveva colpito non poteva colpire di più nel segno. In una bambina e in un vecchio, in due ragazzi di quindici anni, in una donna, in un’altra donna; questo era il modo migliore di colpir l’uomo. Colpirlo dove l’uomo era più debole, dove aveva l’infanzia, dove aveva la vecchiaia, dove aveva la sua costola staccata e il cuore scoperto: dov’era più uomo. Chi aveva colpito voleva essere il lupo, fa paura all’uomo. Non voleva fargli paura? E questo modo di colpire era il migliore che credesse di avere il lupo per fargli paura. Però nessuno, nella folla, sembrava aver paura.”