Davide Van De Sfroos

Davide Van De Sfroos Il mio nome è herbert fanucci


2005, Bompiani Narrativa Italiana

di Christian Verzeletti
Per un cantante che si mette a fare lo scrittore il rischio di stonare è alto come per uno scrittore che si mette a fare il cantante.
Nonostante questo sono sempre troppi i musicisti che si cimentano sulla carta stampata: quando si tratta di cantautori, c'è già più o meno confidenza con la scrittura, ma anche in questo caso i risultati non sono mai stati eccelsi.
Non si sottrae alla regola nemmeno il buon Davide Van De Sfroos, uno che le storie le sa raccontare bene e che già aveva pubblicato racconti, poesie e addirittura un poema epico.
Questo è un piacevole libretto di circa duecento pagine, una storia romanzata con abilità che incuriosisce e intrattiene senza impegnare troppo.
Herbert Fanucci è un personaggio misterioso, con un passato legato enigmaticamente al mondo del rock: fa ritorno nel suo paese sul lago di Como e qui si trova a specchiarsi in sé stesso e in una serie di personaggi tragicomici.
La trama si sviluppa in modo coinvolgente soprattutto per la capacità dell’autore di rendere con efficacia i tratti più caratteristici e particolari di uomini e luoghi. Van De Sfroos è un notevole affabulatore, come ben sa chi conosce le sue canzoni e lo ha visto in concerto, ha anche cognizioni letterarie, senso della struttura e una verve spassosa, ma non riesce a sfuggire al suo ego di musicista: il romanzo rischia spesso l’autoreferenzialità, risultando sin troppo guarnito di citazioni musicali.
Herbert Fanucci e la sua brigata di amici non sono in fondo tanto diversi dai personaggi delle canzoni di Van De Sfroos, un po’ paesani, un po’ banditi e un po’ contrabbandieri.
Come fa dichiarare più volte allo stesso protagonista del libro, Van De Sfroos ha scritto spinto da un’ossessione, solo che ha finito per riversare nel testo troppi dei suoi sogni da musicista, anzi, da appassionato di musica. Tra rimandi ai Ramones, a Phil Collins, ai Sex Pistols, ai Tangerine Dream e via dicendo, Herbert Fanucci diventa “l’amico comune della storia del rock”, quello che ogni fan di musica vorrebbe essere, con la casa piena di memorabilia e la vita segnata da incontri con i propri eroi.
Grazie comunque anche a questi espedienti Van De Sfroos crea una cornice che rende la storia intrigante, accarezzata da una leggera aria mitica.
Se non gli si chiede troppo, “Il mio nome è Herbert Fanucci” è un romanzo in grado di catturare e di divertire con un umorismo intelligente, poggiato anche sull’autenticità del dialetto (comasco).
Certo il rischio è che alla fine ci si sente “come Eliot Ness nel film Gli Intoccabili, quando va a sequestrare gli alcolici ai gangster e nelle casse, invece delle bottiglie, trova degli ombrellini”.


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