Biagio Bagini Swinging Stravinskij
Oligo, 2022, pagg. 210, euro 16,90 Letteratura Straniera | Musica
13/10/2022 di Franco Bergoglio
In questo evento quasi altrettanto importante si incontrano il jazz e la classica, la cultura europea e quella americana e si incontrano anche due simboli: quello del “moderno” in musica e la swing era. I due artisti possiedono una radice comune: la grande Russia, terra di emigrazione dei genitori di Benny Goodman e di formazione per il talento di Stravinskij. I due ovviamente condividono anche il loro successo in una terra diversa, rutilante di luci e di possibilità: l’America. Torniamo al nostro happy end già ben delineato dalla storia: l’incontro ha lasciato una testimonianza discografica con il celebre Ebony
Concerto per clarinetto solista e jazz band. Il lavoro era stato commissionato nel 1945 da Woody Herman, il celebre bandleader e clarinettista che poi ebbe l'onere di incidere insieme alla sua prestigiosa band questa partitura di forte impronta stravinskijana. Il lavoro rimase lì fino a quel fatidico 1965 dove Ebony concerto trovò una nuova vita, grazie all’accoppiata Stravinskij/Goodman.
Biagio Bagini scrive in maniera scoppiettante per tutte le duecento pagine del racconto e organizza una sfilata in costume di una folla di personaggi storici legati al mondo della classica, del jazz, della letteratura, del cinema del costume. Si viaggia da San Pietroburgo a New York passando per Chicago e Parigi, si incontrano Djagilev e gli Hot Five di Louis Armstrong, il cinema dei Fratelli Marx, la poesia di Wystan Hugh Auden che divenne il suo librettista dopo che Stravinskij lesse Funeral Blues e mille altre personaggi coevi. Sullo sfondo dominato dall’Europa (nei primissimi capitoli) finisce per imporsi l’America, dove un ragazzo povero proveniente dal ghetto ebraico diventa il re dello swing e dove il maestro si americanizza e
Stravinskij diventa Stravinsky.
Della scrittura abbiamo detto; ora un piccolo assaggio, la descrizione del secondo movimento di Ebony Concerto: “sembrava un funerale senza salma. Era una marcia trasognata che portava dentro un luogo immaginario. Una foresta di ombre e di anime blues ondeggiava intorno alla melodia, che si arrestava ogni tre misure, per controllare la situazione”. Una descrizione precisa e divertente dove Biagio Bagini sfoggia tutto il suo bagaglio: lo scrittore per l’infanzia incontra il saggista e l’umorista va a braccetto con il musicista pazzerello (artefice tra altre cose della straniante leggera comicità green del Conciorto, progetto realizzato in collaborazione con Gianluigi Carlone della Banda Osiris).
Chiudiamo con W. H. Auden, che abbiamo tirato in ballo perché autore di un piccolo cameo nel libro, il quale scrisse nella poesia In memoria di W.B. Yeats: il flusso del divenire cessò in lui: egli divenne i suoi ammiratori. Qui funziona un po’ allo stesso modo. Sono gli occhi di Bagini a modellare le figure di Goodman e Stravinsky. Le storie, parzialmente biografiche, sono funzionali al racconto, a rappresentare l’abbraccio tra le arti realizzato giocando con le parole e con due personaggi immortali. E se la lettura del romanzo accende il desiderio di sapere di più, le storie della musica, le biografie e le autobiografie sono lì per soddisfare gli appetiti conoscitivi.
La verità non è cosa da chiedere a un romanzo, suvvia!