Arthur Phillips L’archeologo
Milano, Rizzoli 2004 Letteratura Straniera | Romanzo
di Luca Meneghel
Per “L’Archeologo” la questione è diversa: possiamo sì chiamarlo thriller storico, ma in questo caso ci troviamo di fronte ad un autore dotato che fa sapiente uso delle tecniche narrative atte anche a soddisfare quelle che possiamo definire “esigenze estetiche”; non solo avvenimenti avvincenti dunque, ma avvenimenti narrati con la penna di un romanziere di qualità. È evidente allora che chi cerca in quest’opera quello che ha trovato ne “Il Codice da Vinci” di Brown, il quale predilige l’intrattenimento puro alla valenza estetica, non può che rimanere deluso o perlomeno annoiato.
Boston, Egitto, Sidney; 1922, 1954; un archeologo, un finanziatore, uno studente scomparso, una bella ragazza, un misterioso faraone della tredicesima dinastia. Questi sono solo alcuni degli ingredienti che Phillips ha messo nel calderone delle sue pagine: molti, moltissimi sono gli elementi che l’autore si è trovato a dover fare girare nella maniera corretta per dare linearità al testo.
Ci troviamo così di fronte a due epoche, il 1922 nel quale un giovane archeologo va alla caccia della tomba di un faraone, Athum-Adu, incontrando milioni di difficoltà sulla propria strada e facendo i conti con le diverse facce della personalità umana, e il 1954 in cui un investigatore che aveva seguito le vicende (ovviamente non vi dico perché) fa il suo resoconto al nipote della promessa sposa dell’archeologo, appena scomparsa. Complicato? Apparentemente lo è, molto, ma qui interviene la capacità narrativa dell’autore: la narrazione su due piani è perfetta, entrambi corrono parallelamente al dispiegamento (totale?) della verità; le forme d’epressione scelte sono quelle “classiche” del diario per l’archeologo e della lettera per l’investigatore, i due grandi narratori del romanzo. Ma, volendo, si possono trovare molte altre strade, molte altre storie nella storia: Ralph M. Trilipush traduce e scrive sul suo diario il significato dei geroglifici che incontra e questo ci permette di seguire le vicende degli ultimi anni del regno del faraone tanto cercato; Harol Ferrel, durante le sue investigazioni, si innamora a sua volta della promessa sposa di Ralph e ci racconta le vicende del corteggiamento e dell’amore in quel di Boston; e così via, tante microstorie di fianco a quella principale, dalla tinta indubbiamente “gialla”.
Tornando al discorso iniziale, i destinatari di questo lavoro non sono coloro che cercano semplicemente uno svago estivo sotto l’ombrellone: il caldo supportato dalla descrizione della tomba di Athum-Adu potrebbe essere fatale per tutti coloro che non amano particolarmente la narrativa anche esteticamente. Lo apprezzeranno coloro che sanno stupirsi di fronte a quello che la scrittura permette di fare, di fronte ai mondi che permette di costruire, di fronte ai viaggi nel tempo che sa farci intraprendere semplicemente girando pagina e cambiando punto di vista.
Phillips è un romanziere di razza e, c’è da giurarci, presto anche in Italia potremo finalmente leggere il suo tanto atteso romanzo d’esordio.