Anthony Cartwright

Anthony Cartwright Il taglio


66thand2nd Narrativa Straniera | Romanzo

07/02/2019 di Corrado Ori Tanzi
Cairo Jukes è un ex pugile che vive a Dudley, zona Black Country, Inghilterra industriale, West Midlands. Si guadagna la vita andando a caccia del rame abbandonato dalle industrie la cui chiusura è parte della somma del progressivo impoverimento della nazione. Grace Trevithick è invece una documentarista di Londra, famiglia e cultura upper class, che a Dudley approda per raccogliere le opinioni dei suoi abitanti proprio sulla Brexit a un soffio dal referendum del 2016.

I due s’incrociano e, a dispetto di un’evidente taglio sociale, si parlano. Il punto di vista di Cairo è semplice: la gente ne ha le tasche piene. Non si espone né sul proprio voto né sull’esito, ma una cosa ci tiene a dirla: la realtà è molto più complessa del binomio immigrazione-razzismo che i media adorano dipingere e che utilizzano come univoco strumento per raccontare i tempi e il circostante organizzato. Galeotto fu il documentario, le loro parabole non si limitano a sfiorarsi. Si toccano, si urtano, si sfregano e le scintille che ne escono sono barlumi di nuova vita.

Commissionato direttamente dall’editore Peirene, Il taglio di Anthony Cartwright si inserisce nei piani alti di quella che, sempre per elementare esigenza definitoria editoriale, viene chiamata Brex-lit ovverosia la letteratura che si è venuta a formare attorno all’ormai celebre referendum.

Originario egli stesso di Dudley, classe 1973, Cartwright lo conosciamo e apprezziamo grazie a romanzi quali Heartland e Città di ferro che la benemerita romana 66thand2nd (che edita anche il titolo in questione) ci ha fatto pervenire. Cartwright scrive come Ken Loach filma: occhi fermi a mettere a fuoco uno spicchio di terra, mano salda a estrarne l’essenziale e animo aperto ad attrarre l’umana comprensione e, quando c’è, quel sale che si chiama sentimento.

Il romanzo centra l’obiettivo di evidenziare le divisioni della popolazione UK e non si piega una sola volta a far musica per l’una o l’altra parte. Mira invece a evidenziare quanto siamo ormai sazi delle afasiche e corrosive (nel senso che corrodono le nostre sinapsi valutative) reductio ad unum che salotti e mondo della comunicazione alimentano, togliendoci non solo capacità di osservazione, ma quel minimo spirito critico che dovrebbe essere il sale della democrazia, soprattutto se davvero la democrazia tende ancora alla pace sociale.

C’è un mondo che ci è venuto addosso e voi vi fermate a chiedere la nostra opinione, sembra dire Cairo a Grace (e a noi). Per poi utilizzare la rispostina sempreverde con cui mettere ogni cosa nella sua bella casella. Ma quella terra di mezzo vive oggi di una realtà crossover che stantie categorie di razzismo e antirazzismo si dimostrano inadeguate tanto di raccontare quanto di spiegare. Oggi la lotta è tra élite e derubati, formazioni con giocatori che guardano il mondo con diottrie non trasferibili nella metà campo avversaria e che parlano una lingua che arriva afona. Identità e cultura possono (forse) porre ancora un argine allo scempio dell’economia e all’abisso della disperazione. Questo romanzo potrebbe ben fornire l’impulso per il primo passo. La lettura non tradisce mai.

 

Anthony Cartwright, Il taglio, 66thand2nd, 161 pagg., 15 euro

 

Corrado Ori Tanzi

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