Aki Shimazaki Nel cuore di Yamato
Feltrinelli Narrativa Straniera | Romanzo
21/01/2019 di Corrado Ori Tanzi
Cronache di vita quotidiana che qualche volta dicono qualcosa di più di vite bene o male spese. Dicono che cosa fu il Giappone (Yamato nell’antichità) a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, in un arco temporale che prende gli anni Sessanta e arriva fino a ieri, toccando Tokyo, Yokohama, Okinawa e altresì uscendo dai confini nipponici. Dicono ad esempio che la disciplina autoimposta da una cultura millenaria di abnegazione alla fatica è diventata il mostro di cui sono arrivati lampi anche a noi in Occidente, una cappa che si adagia su sentimenti, relazioni, privato e pubblico. E dicono pure dei tanti rapporti intimi combinati e imposizioni a trasferimenti di lavoro che mettono al centro della vita l’ombra dell’umanesimo, l’illusione di un’esistenza che spesso appare degna di essere vissuta solo perché la biologia dice che il corpo è caldo e respira.
Non si contano i suicidi (Yukio Mishima irrompe più volte) e scelte dolorose. Il fantasma della libertà però resiste più forte delle catene millenarie. Cresce la necessità di un’infornata di cultura contro la cecità di chi modella a suo piacimento il peso della tradizione. Un mondo contraddittorio, capace anche di incanti senza tempo, dalla cerimonia del tè agli haiku, la stagione dei ciliegi in fiore, che una scrittura piana, asciutta tanto suona secca, trasforma in emozionale narrazione orale.
Le storie narrate hanno confini incerti tanto s’intessono le une con le altre, i personaggi si siedono, vengono raccontati, si alzano ed entrano in nuovi racconti, anche solo a latere, per produrre nuovi effetti. O forse a dirci che il destino che li unisce è lo stesso che, su più vasta scala, tiene unito come un collante l’intero popolo giapponese.
Aki Shimazaki – Nel cuore di Yamato, Feltrinelli, 19,50 euro, 416 pagg.