L’aurea di Frank Miller sembra avere definitivamente contaminato il cinema odierno, anzi forse quello più proiettato verso il futuro, verso nuove intuizioni e tecniche che fino a pochi anni fa erano impensabili. Dopo il precedente di “Sin City”, con “300” c’è il nuovo riuscitissimo tentativo di trasportare su schermo una graphic novel mantenendo inalterato il senso della stessa. Certo, ormai siamo alla sublimazione della tecnologia nella realizzazione di una pellicola, all’utilizzo del computer in tutte le sue fasi. In questo caso addirittura è stato girato tutto in studio, senza esterni, grazie all’ausilio del Blue Screen e degli effetti in CGI, ricostruendo gli immensi fondali, le battaglie e i paesaggi che altrimenti sarebbe stato impossibile riproporre; si aggiunge una grande fotografia e una sapiente conduzione degli attori, il tutto al servizio delle “visioni” di Frank Miller. Per fare tutto ciò è stato utilizzato un regista come il quarantenne Zack Snyder che riesce perfettamente a dare al film il giusto clima “à la Miller”. La storia, che è quella ripresa dal fumetto stesso, racconta della battaglia delle Termopili in cui il Re di Sparta Leonida comandando soli 300 valorosi combattenti, tenne testa all’esercito persiano di Serse che come numeri era enormemente superiore. Il film prende, coinvolge, affascina per l’estetica, per la ricostruzione degli scontri, per la rappresentazione delle battaglie e, chiaramente, per la storia stessa. Certo, c’è molta, moltissima violenza, che, contestualizzata al fatto storico, non può dare fastidio più di tanto. La violenza, come in molti hanno fatto notare, è qui usata per affascinare lo spettatore, e assolutamente non per ispirarlo, era semplicemente praticata in tempi in cui era necessaria e forse insostituibile. Il fascino aggiunto della pellicola, oltre al fattore meramente godereccio-visivo, è quello dell’incalzare implacabile del susseguirsi degli eventi, e delle trovate simil-fantastiche mutuate direttamente dalla graphic novel: così l’inserimento di personaggi assurdi, di animali esageratamente irreali, di personaggi totalmente inventati che puntellano la scena, che sbucano in mezzo agli eserciti accuratamente ricostruiti storicamente (nel limiti del possibile), affascinano e tengono desta l’attenzione. Quindi un film che rende molto, quasi completamente diverso da “Sin City”, se non per l’uso della tecnologia, diverso come possono essere due opere grafiche con due stili volutamente differenti. Un film da vedere chiaramente con una propensione verso il genere e possibilmente, e in questo caso più che mai, in un cinema all’avanguardia, con schermo grande e sistema acustico dei più innovativi. Con questi ingredienti il risultato sarà il massimo che lo spettatore possa aspettarsi.