Marco Spagnoli E Stefano Senardi

Documentario

Marco Spagnoli E Stefano Senardi Pino Daniele Nero a Metà


2025 » RECENSIONE | Documentario | Storico
Con Pino Daniele, Stefano Senardi, Tullio De Piscopo, Tony Esposito, James Senese, Fausta Vetere



05/01/2025 di Laura Bianchi
C'è una premessa da fare: per me, Pino Daniele è stato il cugino che vive a Napoli, e che conosce mondi a me ignoti. È stato i miei anni di liceo circondata da amiche campane, ed è stato il viaggio di maturità tra Napoli e Avellino, in contatto col mondo delle radio libere e dellla libertà creativa che si respirava in quella regione nel 1979. È stata la paura per il terremoto in Irpinia nel 1980 (ero lì esattamente un mese prima), e la gioia per il concerto del cantautore e della sua band stratosferica nel settembre 1981, in Piazza del Plebiscito. Per questo, il mio racconto di Pino Daniele  - Nero a metà è giocoforza parziale, emotivo. Ma va bene così.

Il docufilm che Marco Spagnoli ha cofirmato con Stefano Senardi, prodotto da Fidelio ed Eagle Pictures, è proprio come questi sentimenti: un ricordo fervido, appassionato e documentato di un clima, e di un tempo, irripetibili, infuocati, quando un ragazzo, primo di sei figli, ragioniere per desiderio dei genitori, con la passione della chitarra, decide di cambiare le regole del gioco, e di farcela. Quel giovane si fa regalare dalle zie un'elettrica come quella di Eric Clapton, frequenta i locali dove suonano The Showmen, conosce James Senese, Tullio De Piscopo, Tony Esposito, e crea quello che Renato Marengo avrebbe definito il Naples Power, fino a interessare la EMI, che gli produce Terra mia, un pugno di canzoni che ribaltano la visione stereotipata di Napoli, e in cui Daniele mescola la lingua partenopea con le urgenze del suo popolo, a cui non basta certo 'Na tazzulella e café per tirare avanti.

E bene ha fatto Senardi a metterci la faccia, la voce, la propria presenza, nel dialogo coi protagonisti di quegli anni, ad aprire e chiudere il film, con visioni dall'alto di una Napoli magnifica e annuvolata. Benissimo ha fatto a scegliere, per gli incontri, le strade della città, a sottolineare il profondo legame dell'artista con la cultura nella quale era immerso, e anche luoghi silenziosamente parlanti e bellissimi, come Santa Maria La Nova, la Cappella del Vasari, il Cimitero delle Fontanelle, l'Ospedale della Pace, o a dialogare con James Senese in via Vincenzo Valente a Miano, quartiere della periferia Nord di Napoli in cui il sassofonista è cresciuto.

Un valore aggiunto non da poco, perché la scelta sia dei luoghi sia delle persone riflette l'amore del produttore per Daniele, e lo stesso sguardo affettuoso si coglie nel montaggio di Jacopo Reale, nella fotografia di Gianluca Rocco Palma, nella cura con cui la cinepresa tratta uomini e donne che il tempo ha mutato, ma in cui la passione per la musica ha preservato la loro energia. Gli interventi di Fausta Vetere, Enzo Avitabile,  Enzo Gragnaniello, Tony Esposito, Tullio De Piscopo, James Senese, Jenny Sorrenti, Tony Cercola  e di tanti altri, dal vicino di casa Carmine Aymone al barbiere Vincenzo Affinita,  descrivono l'atmosfera di quei tempi elettrici, in cui fusion, blues, jazz, rock diventavano mondo, world music, da raccontare. Quelli dei discografici come Claudio Poggi o Bruno Tibaldi, dei giornalisti musicali come Carlo Massarini, Raffaele Cascone o Gino Castaldo, tentano di definire l'onda inarrestabile del Neapolitan Sound; e poi ci sono le reinterpretazioni dei giovani, a testimoniare la continuità e il rispetto per l'eredità del cantautore: Gabriele Esposito, Andrea Radice, Chiara Ianniciello propongono versioni emozionanti di alcuni suoi capolavori, mentre brividi fisici vengono nell'ascoltare Gragnaniello suonare Alleria al porto di Napoli, o Vetere, anima della Nuova Compagnia di Canto Popolare, interpretare Napule è accompagnata dalla chitarra di Mauro Di Domenico nello splendido Teatrino di Corte di Palazzo Reale.

Alle testimonianze di chi l'ha conosciuto si accostano rari documenti foto e video delle prime esibizioni di Daniele, prima con il gruppo Batracomiomachia (il riferimento al poemetto satirico di Leopardi, napoletano adottivo, è ovviamente non casuale), poi con Senese e la sua Napoli Centrale, infine con la band; è illuminante ascoltarlo in brani di interviste con Enzo Biagi, Gianni Minà, Jocelyn, Jacky Marti, e impressionante vedere frammenti del concerto di Zurigo per la Televisione Svizzera, dell'opening act a San Siro, giugno 1980, per Bob Marley (che restò sotto palco apprezzandolo), del catartico concerto post terremoto, in una Piazza del Plebiscito stipata all'inverosimile, duecentomila persone che sancirono il trionfo definitivo del cantautore. Vera commozione è assistere al suo incontro con due degli altri miti popolari di Napoli, Maradona e Troisi, in una triade partenopea tutta terrena e poetica, in un paio di sequenze senza ulteriori commenti: perché, quando la grandezza è visibile, non si misura in parole.

Di lui restano i ricordi, racchiusi in un'ora e mezza densa di amicizia, bellezza e meraviglia; di lui resta la musica, soprattutto quella dei primi anni, colti qui in tutta la loro energica voglia di fare sentire al mondo la voce di una Napoli che, pur nel dolore, nelle mille paure, nelle difficoltà, non dimentica la propria nobiltà e dignità. E se Senardi, a inizio del film, dichiara: "È la prima volta che torno a Napoli dopo che Pino non c’è più. Sono venuto alla ricerca del suono e di quella voce che fa piangere", si esce dalla sala (piena!) con nelle orecchie il suono dell'applauso spontaneo che ha chiuso la proiezione e nel cuore un immenso sorriso di riconoscenza per l'opera di Pino Daniele, un Nero a metà che più di ogni altro ha cantato il cuore di Napoli.

Il film è nelle sale ancora per pochi giorni: lo raccomando. Qui le sale UCI in cui viene proiettato.