Don Siegel

fantascienza

Don Siegel L'INVASIONE DEGLI ULTRACORPI


1956 » RECENSIONE | fantascienza
Con Kevin McCarthy, King Donovan, Larry Gates, Dana Winters, Marie Selland, Sam Peckinpah, Dana Wynter, Carolyn Jones, Jean Willes, Ralph Dumke, Virginia Christine, Tom Fadden, Kenneth Patterson, Whit Bissel, Guy Way

di Riccardo Pesce
"L'invasione degli ultracorpi" (1956), basato sull'omonimo libro di Jack Finney, è un grande classico del cinema di fantascienza USA anni '50. Il grande merito del film sta nel fatto che senza effetti speciali, ma solo con inventiva e mestiere, riusciva e riesce ancora oggi a creare un'atmosfera gelidamente inquietante basandosi su un'invenzione narrativa al tempo semplice e geniale: gli alieni stanno invadendo la terra e sostituiscono nel sonno i terrestri con copie apparentemente identiche ma sostanzialmente diverse, sviluppate in involucri vegetali simili a grandi baccelli. Inoltre, tutti gli alieni hanno un comportamento estremamente razionale e mantengono la calma di fronte a ogni avversità. Per dirla secondo la scuola stoica: sono atarassici. Il dott. Bennell, che non è ancora stato sostituito, si rende conto dell'invasione e cerca in tutti i modi di opporsi. Alla fine del film, nell'originale americano, il protagonista sfondava la “quarta parete” del grande schermo e si rivolgeva proprio al pubblico in sala urlando: “Sono già qua! Voi siete i prossimi!” (finale poi edulcorato per volontà della produzione con un prologo e un epilogo in un ospedale dove l'FBI prende in carico la situazione). La storia è stata interpretata in molteplici modi, principalmente come paura dell'egualitarismo sovietico e/o denuncia del moderno conformismo occidentale, del maccartismo e così via. A mio parere, le fondamenta di questa storia poggiano – forse inconsciamente - su alcuni elementi della filosofia del superuomo di Nietzsche, che saranno poi magistralmente sviluppati in 2001: odissea nello spazio. In questo senso il superuomo/alieno corrisponde a un essere di livello superiore rispetto all'homo sapiens e dunque tende "naturalmente" a soppiantarlo. Tuttavia è bene chiarire che siamo di fronte a un teso film americano di fantascienza, non a un trattato di filosofia. Dunque alcuni elementi inevitabilmente vengono semplificati. Infatti, più di tanti discorsi filosofici vale il fatto che gli alieni uccidono gli uomini prendendone solo l'aspetto esteriore. Ciò rende assai più istintiva (e meno intellettuale) la resistenza del dottor Bennel, che semplicemente non vuole morire! Una curiosità: nel romanzo di Jack Finney viene descritto un particolare poi tralasciato nel film: gli alieni “sostituti” vivono solo cinque anni e non possono riprodursi. Con la conseguenza di trasformare, nel giro di pochissimo tempo, la Terra in un pianeta "disabitato" (con le piante aliene che ripartono alla ricerca di un altro pianeta da colonizzare). Probabilmente il regista Don Siegel (Fuga da Alcatraz), forse anche “consigliato” dagli Studios, ha preferito non mettere troppa carne al fuoco per concentrarsi sullo spunto iniziale che già era abbastanza inquietante. Del resto la genialità della trama, la sua forza narrativa sono tali che forse la scena più impressionante è proprio quella in cui, in pieno giorno, alcune persone scaricano semplicemente alcuni grossi involucri da un camion! Potenza del cinema. Il risultato è un punto di riferimento per tutta la fantascienza cinematografica e un attualissimo insegnamento su come sia possibile creare tensione senza effetti speciali. Imperdibile. Giudizio: 4 stelle su 5. (re-visione scritta in giugno 2008)