Antonio Boccola, Paolo Vari

Drammatico

Antonio Boccola, Paolo Vari FAME CHIMICA


2004 » RECENSIONE | Drammatico
Con Marco Foschi, Matteo Gianoli, Valeria Solarino, Teco Celio, Mauro Serio

di Claudio Mariani
A volte ci si chiede come mai nel cinema italiano degli ultimi vent’anni nessuno aveva mai tentato di fotografare le situazioni di degrado delle periferie metropolitane direttamente da “dentro”. A memoria non ricordiamo episodi del genere, qualcosa, tanto per intenderci, che rispecchi ciò che Kassovitz fece in Francia quasi dieci anni fa con l’indimenticabile L’odio. L’unico film che si potrebbe genericamente assimilare alla pellicola francese potrebbe essere il Mary per sempre di Marco Risi, ma siamo in territori diversi, quello che si chiedeva ora era una produzione indipendente...ed è arrivata la Fame Chimica di Paolo Vari e Antonio Bocola. Originariamente concepito e girato come cortometraggio nel 1997, il film ne ha preso spunto ed è divenuto, piano piano, un’opera completa, con un travaglio di auto-produzione (quasi tutti i partecipanti si sono riuniti in una cooperativa) che potrebbe divenire un precedente da ripetere in tutto il paese. E’ interessante come la storia si svolga a Milano e non in un’altra città, ma ciò è anche significativo: metropoli dalla facciata bella, benestante, spensierata...ma che sotto sotto dimostra di avere molti più problemi di luoghi meno “felici”. I problemi dei ragazzi protagonisti sono quelli di un quartiere (la Barona) dove si porta avanti la vita di piazza, tra canne, droghe varie, conseguente fame chimica, cazzeggi sulle panchine, furti di motorini, spaccio e i difficili rapporti con gli immigrati nella stessa piazza e con i cittadini in genere. Così passano le giornate e la vita dei due protagonisti, Manuel, lo spacciatore della piazza, e Claudio, lavoratore precario ultra-sfruttato, viene sconvolta dall’arrivo di una ragazza, Maya. L’interpretazione dei ragazzi, quasi tutti non professionisti, è convincente e perfetta per il film, in particolare quella del bravo Matteo Gianoli (Manuel), preso direttamente dalla strada, e del più esperto Marco Foschi (Claudio), interpretazioni parzialmente inquinate da quella di Valeria Solarino, troppo accademica e fuori ruolo. Il film ci dà uno spaccato importante, essenziale della periferia milanese, con un approccio narrativo veramente interessante: i registi raccontano e non prendono posizioni, l’unica cosa che ci fanno capire è che le cose possono andare a finire bene (Claudio e Maya) oppure male (Manuel), e che la differenza, forse, la fa il caso, oppure, come dice uno dei protagonisti, è data dal “saper smettere al momento giusto”. Il tutto con un sottofondo sempre presente, il vuoto ideologico di quasi tutti i protagonisti, sostituito da un generico (quanto atavico) “spirito di collaborazione” dato dall’amicizia, comunque precario anch’esso. Una bella opera, indipendente, sporca, e che solo parzialmente si fa sedurre da quella caratteristica che si risconta, purtroppo, nella maggioranza delle pellicole odierne: ammiccare al pubblico. Non sarà L’odio, ma nel suo piccolo è una bella testimonianza di cinema più vicino alla società, alla gente e alla vita; esempio da seguire, in tutto e per tutto, compresa la bellissima musica che diviene parte integrante della pellicola con le indimenticabili scene in cui Zulù dei 99 Posse invade lo schermo e canta...