Matthew Pearl

Matthew Pearl Il circolo dante


pp. 538, euro 16,80 - Rizzoli, Milano 2003

di Gianluca Parisi
Sparse gocce di sangue su una candida stampa della Boston secondo Ottocento: una copertina quanto mai eloquente per Il circolo Dante, romanzo giallo e grandguignolesco, bibliofilo e metaletterario, dell’esordiente ventiseienne americano Matthew Pearl, nel 1998 già insignito, per i suoi saggi accademici sul «ghibellin fuggiasco», del Dante Prize della Dante Society of America.

Boston, 1865: all’indomani della guerra di secessione che ha insanguinato dal di dentro gli Stati Uniti per quattro dolorosi anni, la società letteraria d’oltreoceano si prepara ad accogliere un evento di portata epocale per l’incidenza destinata ad avere sull’establishment culturale americano. E’ infatti in atto la traduzione della Divina Commedia, ad opera del poeta “bramino” dell’università bostoniana di Cambridge Henry Wadsworth Longfellow, coadiuvato nell’immane compito da un cenacolo di letterati e intellettuali che portano i nomi di altri numi del mondo accademico americano del tempo: i poeti James Russell Lowell e Oliver Wendell Holmes, lo storico George Washington Greene e infine J.T. Fields, il pragmatico editore dell’attesa traduzione americana del poema immortale.

Opera, la loro, certamente meritoria, ma tanto attesa quanto osteggiata dai settori più retrivi dell’accademismo “nativista” e protestante di stampo nazionalistico della vicina e rivale università di Harvard, insofferente, come gran parte della nazione di cui rispecchia gli umori misoneisti e xenofobi, allo sbarco sul suolo americano tanto di Dante e del suo poema - giudicato immorale e papista ed esecrato unitamente all’italiano, lingua allora astrusa, ignota negli Stati Uniti al pari di un geroglifico -, quanto delle orde crescenti di immigrati cattolici irlandesi, i primissimi (si pensi al recentissimo Gangs of New York di Scorsese) venuti a cercare fortuna e libertà sulle sponde del Nuovo Mondo.

A complicare ulteriormente le cose, in un clima reso più teso e reazionario dalla recentissima e bruciante esperienza della guerra civile, ci si mettono una serie di efferati delitti, sul principio inspiegabili, ma che lentamente appariranno riconducibili, in filigrana, all’abisso di orrore e sofferenza dei gironi infernali del poema dantesco e al loro calibrato e maniacale sistema di leggi punitive, «contrappassi» impietosi e corrispondenti ai crimini commessi nel corso del soggiorno terreno. Ad accorgersi presto che un serial killer luciferino e armato dall’accesa fantasia dell’Alighieri si aggira indisturbato per la sonnolenta e spettrale cittadina, saranno naturalmente i componenti del famigerato «Circolo Dante», essendo questo il nome del cenacolo che si riunisce tutti i mercoledì sera a Craigie House, nella casa dell’anziano Longfellow, e che ora, dalla battaglia meramente letteraria da tempo ingaggiata con il grande esule fiorentino, passa ad affrontarne una seconda negli inferi del reale, alle prese con un assassino freddo, discreto e inafferrabile. Un piccolo indizio da spedire all’avido lettore: il segreto si cela tra le pieghe dell’onomastica...

Romanzo di salda tenuta giallistica e che fonde con equilibrio mistero ed erudizione, Il circolo Dante riposa su un intreccio di sicura affabulazione, complesso e sfuggente, percorso da un ritmo ora serrato, ora meditato e godibilmente divagante, e inscritto in un suggestivo scenario, che per cupezze gotiche ricorda certe mefitiche ambientazioni di Edgar Allan Poe, tra l’altro attivo proprio in quelle mitiche decadi della letteratura americana. Da sottolineare che la ricostruzione storico-documentaria, eccetto ovviamente le declinazioni tipicamente romanzesche del plot narrativo, è assolutamente fedele, essendo il “Circolo Dante” realmente esistito, così come realmente avvennero episodi di patente ostracismo verso la traduzione dantesca di Longfellow e compagni. A donare poi ulteriore pregio a questo libro è la profondità socio-psicologica nello scandaglio dei personaggi e in particolare dell’assassino, tutt’altro che stereotipo criminale avulso dalle coordinate sociali. Al contrario, focus che dà al romanzo un pacato accento pacifista e, nella ferma denuncia della guerra e dei suoi brutali e insensati effetti, trova risonanze e implicazioni storico-politiche di indubbia attualità.

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