Luca Guadagnino

Drammatico

Luca Guadagnino Chiamami col tuo nome


2017 » RECENSIONE | Drammatico | Commedia
Con Timothée Chalamet, Armie Hammer, Michael Stuhlbarg, Amira Casar



27/02/2018 di Laura Bianchi
Elio ha diciassette anni, nell'estate del 1983; indossa magliette dei gruppi rock, studia composizione, ascolta gli Psychedelic Furs, i Culture Club, Loredana Berté e va in bici nella campagna di Crema. Vive coi genitori in una lussuosa villa settecentesca, la madre è traduttrice, il padre è un archeologo cosmopolita e illuminato. Ed il bisogno tutto adolescenziale di individuarsi è difficile, quando i genitori sono aperti, permissivi, accolgono le amiche del figlio e Oliver, americano, ventiquattrenne, in vacanza studio.

Elio è inquieto, suona Bach e legge Antonia Pozzi, le cui poesie regala a Marzia, la ragazza con cui perde la verginità; Elio è attratto da Oliver, questi da lui, ma anche da Chiara, nel tipico caos emozionale che accompagna l'estate della vita. E l'attrazione, il desiderio, la passione, tracimano, fino a travolgerli, fino a un epilogo doloroso e pacato insieme, come molte storie della vita. Una storia come tante, in un'estate italiana, fra il canto delle cicale di una campagna indolente e le tavolate all'aperto, fra le notti in discoteca e le nuotate nel fiume.

Luca Guadagnino, di questa storia, raccontata magistralmente da André Aciman in un romanzo - flashback del 2007, si è innamorato, ha sbloccato le pastoie burocratiche che vincolavano la produzione della splendida riduzione per il cinema di James Ivory, e ha costruito attorno ad essa un monumento al desiderio. Che i due protagonisti vivano una relazione omosessuale è ininfluente, nel cerchio magico della villa settecentesca e dei suoi abitanti; una splendida utopia, un mondo ideale, fanno sì che, nel perimetro della casa di Elio, la naturalezza con cui vengono vissuti i sentimenti e le sensazioni sia la sola lingua parlata, e che stella polare delle azioni dei suoi abitanti sia il soddisfacimento di un piacere estetico e intellettuale insieme, che provenga dalla musica, dall'arte antica, dal cibo, dall'armonia di due corpi che si cercano e si trovano.

Chi va a vedere Chiamami col tuo nome, non si aspetti una patinata love story adolescenziale, né un film a tema omosessuale, tantomeno un nostalgico amarcord degli anni Ottanta; l'edonismo che li attraversava resta, ma solo come cifra interpretativa di un rimpianto che non è legato a quel periodo, ma a quell'età della vita, nella quale lo spreco di emozioni, l'esplorazione della bellezza, l'eccesso delle passioni sono un patrimonio da spendere a piene mani, perché nessun'altra epoca dell'esistenza li conterrà in modo tanto pieno e ingenuo.

Guadagnino illumina di luce dorata la natura, i corpi, gli sguardi, per indagare le ragioni che muovono gli uomini, nell'inesausta ricerca del senso del nostro esistere, e ci restituisce intatto, nello sguardo di un intenso Timothée Chalamet, lo stupore per una scoperta sofferta ed esaltante insieme, quella dell'amore; ma ci offre, nella memorabile scena del dialogo fra Elio e suo padre, un Michael Stuhlbarg di rara empatia, anche la chiave per non sentirci troppo orfani, quando la perdita di questa età dorata sarà definitiva.

Un cenno a parte merita la colonna sonora, particolarmente ricca ed espressiva: da Radio Varsavia di Battiato a Flashdance, passando per Words di F.R.David (con citazione pop del Tempo delle mele), la musica ci porta in quell'estate, e, per contrasto postmoderno, i brani originali di Sufjan Stevens (The Mystery of Love, Futile Devices e Visions of Gideon) illuminano di contemporaneità la storia fra i due ragazzi, sottolineandone i passaggi più importanti, dall'inizio alla fine.

Un film importante, che sfugge ad ogni classificazione e che, a nostro parere, può essere meglio compreso da chi ha già vissuto e superato quella fase della vita, e la guarda con affetto e un po' di rimpianto per le occasioni sprecate.

 

 

 


Commenti

Paolo Ronchetti


C`è qualcosa che non convince pienamente in questo come nel precedente A Bigger Splash di Guadagnino. Qualcosa che nel suo La Parola Amore Esiste funzionava: La direzione degli attori; La direzione degli attori italiani soprattutto. E` qualcosa che mi infastidisce e tende a vanificare il poter godere a pieno anche di questo film. Film comunque bello nella scrittura, nei personaggi, nel racconto, nella musica, nell`ambientazione e nella storia e nella fotografia. Ma se gli attori non sono filmati e diretti con la cura necessaria il castello della credulità, su cui si fonda la visione cinematografica, rischia di crollare miseramente. Ed è un peccato!

Commenti

Claudio Mariani


Delicato...ma non troppo. Suggestivo...ma non troppo. Poetico...ma non troppo. Ma è proprio in questo "non troppo" che c`è la forza di Guadagnino e del film stesso.

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