Walter Beltrami Panic Trio Felix` Jump
2016 - Auand
Walter é accompagnato da Danilo Gallo, bassista di origini pugliesi ma di matrice libera, una bella sintesi tra anarchismo alla Beefheart - psichedelia alla Allen - libertà alla Coleman e poi vedete voi il resto, il caleidoscopio é molto ricco. Di Danilo va sottolineata la partecipazione al collettivo El Gallo Rojo Records (a cui annettiamo splendidi ricordi musicali) , le collaborazioni con Rava, Bearzatti, Falzone e molti altri: tutt'altro che uno sprovveduto musicalmente, una voce interessantissima del nuovo jazz di italica matrice.
Il trio é completato da Stefano Tamborrino alla batteria; drummer istintivo, non sempre disciplinatissimo (il che lo mette in perfetta empatia con i due compagni di avventura) e anch'egli in libero equilibrio tra diversi riferimenti musicali; basti ricordare il mix di collaborazioni che vanno da Paolo Birro a Ares Tavolazzi, da Giovanni Guidi a Francesco Bearzatti fino al recente progetto rock degli Zenerswoon.
In questo set gli artisti usano strumentazione elettrica e loop proponendosi in un'autentica versione da "power trio" perfettamente coerente alle loro attitudini, compresa quella di vivere le cose con una certa leggerezza. Ricordando l'origine del titolo del disco, riferita al salto da 41.000 compiuto da Felix Baumgartner nel 2012, Beltrami stesso ne riconosce il carattere autoironico : "...se uno decide di gettarsi nel vuoto dallo spazio significa che non si prende troppo sul serio!".
Come tutti gli ultimi lavori di Walter anche Felix' Jump é un concept basato sulla lettura e la narrazione di un fatto che lo ha colpito generando la spinta creativa e arricchendo così la sua discografia di un'ennesima gemma.
Molti sono gli elementi di interesse di questo lavoro che inizia quasi in continuità con Kernel Panic (2013) aprendo con Jeopardy, brano già eseguito in quel lavoro ma che qui viene rielaborato e riproposto in versione quasi irriconoscibile. Ci sono tutti gli ingredienti della scrittura di Walter: il gusto dei tempi dispari é certificato fin dall'incipit in 5/4, metrica che a chi scrive piace molto per la sua instabilità in chiusura battuta; l'imprevedibilità ritmica é riconfermata dalla presenza di altre metriche alternate a quella base che costringono sempre ad "inseguire" il brano; la capacità mimetica dei timbri é manifestata nell'uso di un bel drone sul basso, che rappresenta la voce tematica del brano, mentre la chitarra fa le veci di un sax; il sincretismo dei generi sta nell'assenza di una tonalità vera e propria unita a un gusto ritmico marcato, sempre in altorilievo. Il tutto sempre comunque molto accessibile, diretto, senza astrazioni cervellotiche, con idee chiare e semplici.
Il lavoro fila via su questi binari guida mantenendo freschezza grazie all'intercalarsi di dettagli e sfumature che eliminano alla radice il rischio di un effetto ripetitivo all'ascolto.
Affascinante, per esempio, é la mimesi ritmica in Dastardy (chissà se il titolo si ispira a quel celebre aviatore cattivo e incapace dei cartoons..sarebbe in perfetta osmosi col tutto); il brano, di natura tipicamente accordale, ha un'elasticità nelle durate delle note che tende a mascherare la metrica di base. C'é un 3/4 ma l'ascoltatore non se ne rende conto subito.
Semplicità e complessità si alternano in Captive, in El Tribunal (forse il passaggio più scheletrico del disco) e la title-track ma sempre a beneficio di un'ascoltabilità di fondo che non diventa mai banalità, probabilmente per le azzeccate variazioni cromatiche e ritmiche che Walter introduce eliminando scontatezza senza però essere stucchevole. Divertente é la conclusione di Felix' Jump, un diminuendo che sembra illustrare la fine del salto.
Boptimistic é forse il brano più "frizzante" in cui la matrice jazz e un certo swing emergono maggiormente; ma non immaginatevi una cosa standard, sareste completamente fuori strada.
L'unico brano non autografo del lavoro é Spring Rounds, basato su di un episodio della Saga della Primavera di Stravinsky. Qui l'intro alla Pink Floyd (o Popol Vuh, vedete voi) dimostra l'estro e la visionarietà dell'artista oltre che quella leggerezza di cui già si parlava. L'arrangiamento non risulta irriverente proprio perché il combo non intende inseguire l'originale, sarebbe stata una pazzia. Anche dopo l'intro tutto é molto chiaro (base di basso) , sparso (piatti della batteria e effetti) e cristallino (tema ad appannaggio della chitarra) e il crescendo, insito anche nell'originale, tiene incollati agli altoparlanti . Anche qui l'armonia non appare esercizio accademico ma elemento di originalità.
Gran bel lavoro, un ennesimo passo nella direzione giusta su un sentiero luminoso tracciato da lavori come Timoka (2009), Paroxysmal Postural Vertigo (2011 - un autentico capolavoro), Kernel Panic (2013) e l'originalissimo Looperville (2015); una saga da seguire, un viaggio affascinante in un autentico esempio di "musica moderna". A quando il prossimo? Sarà sempre tardi!