The Freestones Our Experience (Remembering Jimi Hendrix)
2024 - NOTAMI
Stefano Conforti (sax), Tonino Monachesi (chitarra elettrica), Giuseppe Barabucci (basso elettrico, contrabbasso) e Marco Brandi (batteria), con la partecipazione di Andrea Canzonetta (tromba) e Antonio Ciccotelli (corno francese), realizzano un percorso che, seguendo vie del tutto jazzistiche, parte da Seattle ma prende subito indirizzi diversi.
L’anima sciamanica, decostruttiva, istintiva e dirompente di Hendrix viene riarrangiata (e financo rielaborata) in modo quasi radicale, sovente al punto di non riconoscere immediatamente i brani originali. La grammatica è certamente più ricca, gli impasti più collegiali, il sound meno selvaggio; non si è davanti a un power trio a protagonista unico ma a un combo in cui le regole dell’interplay e della ricerca sonora prevalgono. Il risultato è tutt’altro che stucchevole, apprezzabile soprattutto per la libera ispirazione che ne determina l’originalità.
Third Stone from the Sun é esemplificativo al riguardo. Rimane poco della matrice distorta, psichedelica, schematica della versione a tutti nota. Gli artisti adottano una vena quasi poetica, ricca di variazioni, con uno sviluppo lineare che mantiene un senso vagamente blues proposto con un’estetica più morbida e soffusa, enfatizzata soprattutto dai timbri del sax soprano e dagli echi quasi narcotizzati della chitarra.
In altri momenti si vira all’intrattenimento, al rock stile The Band o Van Morrison, che recupera elementi di R&B o dell’Americana di qualità. I riff sono meno ostinati, anche se mantenuti come in Purple Haze, in cui l’impatto è democraticamente distribuito su tutte le voci e non affidato solo alla sei corde. L’effetto è decisamente apprezzabile per l’arricchimento che ne deriva e per la personalizzazione manifestata.
L’impasto ritimico risulta più flessibile e restituisce una sensazione di fluidità e freschezza tipiche dello swing jazzistico, anni luce distante dagli schemi adottati da Mitchell, peraltro a suo tempo adatti allo spirito di Hendrix. Anche le linee di basso sono più sinuose, ispirate più al bop che al rock (come in Hey Joe), contribuendo anch’esse a un esito non scontato. In generale il sax tende ad arrorondare i suoni taglienti della chitarra di Jimi, ottenendo un sound più corposo.
Un lavoro che può far storcere il naso ai puristi delle diverse sponde ma che, al contrario, può attrarre l’interesse di chi ha la mente aperta e, in particolare, di chi vive lo spirito dei nostri anni, per certi versi più disincantati, raffinati e certamente più laici.