Javelin<small></small>
Rock Internazionale • Songwriting

Sufjan Stevens Javelin

2023 - Asthmatic Kitty

13/12/2023 di Laura Bianchi

#Sufjan Stevens#Rock Internazionale#Songwriting

Abbiamo aspettato anni, dopo l'ultimo lavoro, di cui abbiamo scritto qui, ma ne valeva la pena: Sufjan Stevens è tornato, e in grande stile, prima con Reflections, una raccolta di brani strumentali per duo di pianoforte tecnicamente impegnativi, e scritti come colonna sonora di un balletto, che riflettono la sua formazione classica, ora con un lavoro dal titolo eloquente: Javelin, ossia, un giavellotto scagliato con mira precisa e intento assolutamente non violento. Piuttosto, una freccia che va dritta al bersaglio, lo centra, e fa scaturire emozioni profonde.

Stevens ha chiaramente molti talenti, fra cui un'infallibile abilità melodica, ma la sua più grande qualità ci sembra l'essere sempre completamente immerso in qualunque progetto stia seguendo, e in questo caso pare ancora più centrato in un clima introspettivo, a partire da Will Anybody Ever Love Me? per giungere al mantra spiritualistico - ascetico, con tocchi elettronici, Everything That Rises, in cui il cantautore implora Gesù di liberarlo dalla disperazione romantica, mentre la lunghissima (otto minuti) Shit Talk rappresenta una relazione che non è del tutto finita, ma sta languendo ("I don't wanna fight at all..."), e sottolinea la lucida tristezza con cori emotivamente coinvolgenti, per chiudersi in una lunga coda strumentale, glaciale, in cui gli ottoni e i legni lasciano il posto alle voci sempre più lontane.

Musicalmente, l'album presenta una sorta di altalenante percorso fra sperimentazioni e ritorni agli anni in cui il suo obiettivo principale era l'alt-folk rigorosamente lo-fi: quasi tutte le tracce si aprono con una chitarra acustica o un banjo pizzicati, o con un pianoforte appena accennato, ma poi le melodie si aprono a percorsi diversi e sorprendenti, sinfonie elettroniche, crescendo orchestrali e giri corali. Si ascolti il brano di apertura del disco, Goodbye Evergreen, che esplode improvvisamente in suoni epici, con cori che si intersecano su un ritmo distorto, con passaggi di fiati e un arrangiamento che esprime i cambiamenti di umore che accompagnano l'emotività dell'autore. 

Altrove, le canzoni rievocano, con il sintetizzatore, lo stile Spector, ma i cambiamenti non sono mai superflui, perché esprimono tutta la gamma delle sfaccettature dell'anima del cantautore, dalla tenerezza, alla rabbia, all' umorismo, alla paura del futuro: “There will be a terrible cost for all that we’ve left undone / Deliver me from everything I’ve put off” (ancora, da Shit Talk).
L’unica eccezione è la cover di There’s a World di Neil Young, una delle canzoni di Harvest che Young arrangiò in modo melodrammatico, con tanto di roboanti timpani, ma che Stevens rispetta nella sua anima intimamente folk e introspettiva, densa di speranza e fiducia nel futuro. Chissà se Old Man apprezzerà...

Ultimo dettaglio: il cantautore, come suo solito, ha registrato e prodotto il disco quasi interamente da solo, tranne alcune collaborazioni importanti: la chitarra di Bryce Dessner dei National nella già celebrata Shit Talk e un piccolo coro, con Megan Lui, Hannah Cohen, Pauline Delassus, Nedelle Torrisi e l'attivista e scrittrice Adrienne Maree Brown. L'impressione globale è che questo sia il primo lavoro non pensato per un concept, né per adattamenti teatrali, ma tantomeno per imprimere svolte epocali nel suo discorso artistico; piuttosto, un miracoloso punto di contatto fra il suo linguaggio ispirato, la voce sommessa e la strumentazione prevalentemente acustica, che sviluppano il tema dell'introspezione con grande profondità e accuratezza.

L’effetto è la scoperta di uno Stevens maturo, che, a due decenni di distanza dall'esordio, ancora sa portare la propria interiorità al centro delle canzoni, facendola diventare anche la nostra, e cercando di farci superare le inevitabili difficoltà esistenziali con una musica che possa accarezzarci, consolarci, condurci in un'atmosfera alta, più respirabile, da cui contemplare le nostre vite come un'opportunità, e non solo un problema. E ne abbiamo bisogno, tutti. 

Track List

  • Goodbye Evergreen
  • A Running Start
  • Will Anybody Ever Love Me?
  • Everything That Rises
  • Genuflecting Ghost
  • My Red Little Fox
  • So You Are Tired
  • Javelin (To Have And To Hold)
  • Shit Talk
  • There`s a World

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