Fuga dal deserto del tiki<small></small>
Italiana

Sikitikis Fuga dal deserto del tiki

2005 - Casasonica

18/05/2005 di Ambrosia J. S. Imbornone

#Sikitikis#Italiana

Il filone della musica alternativa ormai ha i suoi topos. Da una parte campeggia la schiera dei belli e maledetti, in realtà molto cool e curati fin nei minimi particolari finto-trasandati, dall’altra gli emo-boys piangono le loro sfortune esistenziali.
C’è chi invece va oltre questi luoghi comuni. Un esempio sono i cagliaritani SikitikiS, primo gruppo dell’etichetta Casasonica di Max Casacci, apprezzato produttore, chitarrista e “ideologo” dei Subsonica.
La band non indugia in malinconie patinate né segue la preconfezionata attuale declinazione del paradigma “sesso, droga e rock n’ roll”, ma opera con naturalezza sulla sua immagine e sul suo sound un travestimento vintage. Diablo, Jimi, Zico e Reginald si sentono quattro ragazzi “poco raccomandabili”: il gruppo diventa così un clan, che proietta l’ascoltatore in un’atmosfera fumosa da bar malfamato di un vecchio film poliziesco.
Questo disco ironico ma soprattutto volutamente cinematografico è la colonna sonora di una pellicola un po’ pulp tutta da immaginare, della cui trama vengono offerti stralci pittoreschi. L’amore è un tema ricorrente, macchiato quasi di masochismo; però non ci sono mai lacrime. “Tanto non me ne frega poi tanto di avere un umore nero”, proclama infatti programmaticamente “Umore nero”. “R’n’r contest” d’altra parte spazza via allegramente qualunque ombra di romanticismo, insegnando come dissimulare il tradimento. Questo pezzo sfoggia cori anni ’60, un tocco di piano quasi alla Jerry Lee Lewis e un ritmo contagioso che oscilla tra rock n’ roll e surf; si chiude con degli applausi, che evocano il tipico clima dei club degli anni ’60, con tanto di giovani festosi e danzanti. La canzone esibisce così la formula su cui si basa tutto il disco.
Il nome della band, essendo un chiaro palindromo, si può leggere partendo sia da sinistra che da destra, senza che ci sia alcun mutamento. Allo stesso modo, qualunque traccia si ascolti di questo album l’impressione di fondo non cambia. La ricetta prevede sempre un’oculata commistione di generi musicali, amalgamati con cura da Casacci e da Ale Bavo. Eliminate le chitarre, i SikitikiS non restano nell’alveo lounge, ma ricercano virulente raffiche di suoni elettronici e rinnovano indiavolate ritmiche punk’n’roll e surf (ad es. nelle divertenti “Non avrei mai” e in “Amore nucleare”, sostenute dalla sempre notevole batteria di Reginald/Daniele Sulis); attraversano la musica psichedelica, di cui soprattutto il tastierista Zico/Enrico Trudu si dimostra esperto cultore, e passano per il funky e di striscio persino per l’amato jazz, sfoggiando anche eleganti intro (vedi “Metti un tigre nel doppio brodo” e la partenza in sordina de “La distrazione delle cose”) e non solo distorsioni e filtri.
A stento si distinguono le cover dai pezzi originali, firmati dall’estroso ed istrionico cantante Alessandro Spedicati/Diablo e dal bassista Jimi/Gianmarco Diana, la cui impronta nelle basi ritmiche è pregevole e la cui bravura si può notare specialmente nel riff che fa da contrasto all’Hammond ne “La fuga del deserto del Tiki” e nel breve assolo di “Umore nero”. Nel loro viaggio per “go down in the celluloid history”, come direbbe Morrissey, il gruppo reinterpreta a suo modo il Morricone del film un po’ kubrickiano “Milano odia: la polizia non può sparare” (1974) e riprende la teatrale “Metti un tigre nel doppio brodo” di Herbert Pagani e Franco Godi, colonna sonora del film di animazione di Bruno Bozzetto “VIP, mio fratello superuomo”(1968). Se il film presentava una famiglia di supereroi, strambi antenati degli Incredibili, il brano irride sagacemente alla “demenza” provocata dal bombardamento pubblicitario, che istupidisce il linguaggio quotidiano oltre i limiti del non-sense. Il deserto da cui fuggono i SikitikiS è anche quello infatti dell’arida banalizzazione omologante, contrapposto ad un’individualità irregolare. Eterodossa è pertanto anche la cover de “L’importante è finire” di Mina, di cui la band fa affiorare tutta la sensualità vischiosa, accentuandone i lati cupi, senza però modificarne la tonalità.
Che piacciano o meno, questi quattro cagliaritani, che giocano a fare i piccoli criminali in “Ricognizione”, ci portano con loro nel loro originale viaggio nel tempo.

Track List

  • SIKITIKIS|
  • AMORE NUCLEARE|
  • DONNA VAMPIRO|
  • MILANO ODIA: LA POLIZIA NON PUO’ SPARARE|
  • NON AVREI MAI|
  • L’IMPORTANTE È FINIRE|
  • METTI UN TIGRE NEL DOPPIO BRODO|
  • R’N’R CONTEST|
  • RICOGNIZIONE|
  • UMORE NERO|
  • LA DISTRAZIONE DELLE COSE|
  • FUGA DAL DESERTO DEL TIKI

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