All Harm Ends Here<small></small>
Emergenti • Rock • Indie-pop, post-punk

Ofeliadorme All Harm Ends Here

2011 - Ofd Park

27/06/2011 di Ambrosia J. S. Imbornone

#Ofeliadorme#Emergenti#Rock #Indie-pop

Cosa succede mentre Ofelia dorme? Nell’lp di esordio della band emiliana un groviglio di tensioni, ora laceranti, ora oniriche, come se generate da un maleficio, si annodano ad atmosfere ovattate e sonorità nude, ora dolcemente acustiche, ora post-punk; queste ultime omaggiano esplicitamente, soprattutto nelle linee di basso di Gianluca Modica, i Joy Division nel brano Ian, ma nella sottile seduzione irrequieta della frontwoman Francesca Bono e nell’impeto sinuoso e insieme graffiante dei (rari) momenti più accelerati, come in quelli della stessa Ian o di Burning, sfiorano addirittura la virata del genere verso la dark-wave ad opera di Siouxsie and the Banshees

Ballate minimali come lullabies (che rammentano un po’ le atmosfere di alcuni brani di Lisa Germano) galleggiano lentamente in una trama eterea di chitarre languide a tratti shoegaze: è il caso per esempio di Paranoid Park, o di The King is Dead, che si muovono tra tocchi irreali di glockenspiel e un cantato cadenzato e doloroso, oppure dell’onirica Naked Evil, canto di un male che appare quasi impalpabile assedio di un sortilegio.

Riff chitarristici radioheadiani spalancano spiragli da cui permeano ombre d’ansia e ossessioni, come in I Like My Drums, mentre dissonanze acustiche stranianti deformano i contorni dei paesaggi in forme surreali e sognanti nella strumentale Leaves of Grass, che nel titolo omaggia chiaramente l’opera poetica di Walt Whitman.

Le canzoni di questo album restano ferme a mezz’aria tra terra e cielo, reale e mitologico-magico, come in The Wizard, The Witch and the Crow, che acuti di limpidezza vertiginosa e lancinante fendono e scuotono, oppure come nella sofferta selva elettroacustica di River, con un cantato pregno della bellezza dolorosa del songwriting  al femminile anglofono e gravido di malinconie celtiche.

Gli Ofeliadorme offrono all’ascoltatore forme limpide e cristalline, turbate dai demoni delle inquietudini e dalle creature del sogno e dell’inconscio, in una fascinosa quiete apparente di alchimie elettroniche indie-pop e suoni analogici lo-fi. Forse manca un po’ di coraggio nell’alterare ed accentuare maggiormentecontrasti ancora in nuce, che potrebbero amplificare la scala delle emozioni con crescendo e picchi musicali, ma ci sono buone idee, fiuto, eleganza e gusto per percorrere una parabola di qualità.

Track List

  • Paranoid Park
  • Ian
  • Grow!
  • Burning
  • The King Is Dead
  • I Like My Drums
  • Leaves of Grass
  • Naked Evil
  • The Wizard, The Witch and the Crow
  • River
  • Eve

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