Ofeliadorme All Harm Ends Here
2011 - Ofd Park
Ballate minimali come lullabies (che rammentano un po’ le atmosfere di alcuni brani di Lisa Germano) galleggiano lentamente in una trama eterea di chitarre languide a tratti shoegaze: è il caso per esempio di Paranoid Park, o di The King is Dead, che si muovono tra tocchi irreali di glockenspiel e un cantato cadenzato e doloroso, oppure dell’onirica Naked Evil, canto di un male che appare quasi impalpabile assedio di un sortilegio.
Riff chitarristici radioheadiani spalancano spiragli da cui permeano ombre d’ansia e ossessioni, come in I Like My Drums, mentre dissonanze acustiche stranianti deformano i contorni dei paesaggi in forme surreali e sognanti nella strumentale Leaves of Grass, che nel titolo omaggia chiaramente l’opera poetica di Walt Whitman.
Le canzoni di questo album restano ferme a mezz’aria tra terra e cielo, reale e mitologico-magico, come in The Wizard, The Witch and the Crow, che acuti di limpidezza vertiginosa e lancinante fendono e scuotono, oppure come nella sofferta selva elettroacustica di River, con un cantato pregno della bellezza dolorosa del songwriting al femminile anglofono e gravido di malinconie celtiche.
Gli Ofeliadorme offrono all’ascoltatore forme limpide e cristalline, turbate dai demoni delle inquietudini e dalle creature del sogno e dell’inconscio, in una fascinosa quiete apparente di alchimie elettroniche indie-pop e suoni analogici lo-fi. Forse manca un po’ di coraggio nell’alterare ed accentuare maggiormentecontrasti ancora in nuce, che potrebbero amplificare la scala delle emozioni con crescendo e picchi musicali, ma ci sono buone idee, fiuto, eleganza e gusto per percorrere una parabola di qualità.