Mahler Symphony X Recomposed By Matthew Herbert<small></small>
Derive • Elettronica

Matthew Herbert Mahler Symphony X Recomposed By Matthew Herbert

2010 - Deutsche Grammophon

02/06/2011 di Paolo Ronchetti

#Matthew Herbert#Derive#Elettronica

Operazione rischiosa quanto basta andare a rivedere, in chiave sperimentale, uno dei “capolavori mancati” del novecento. Quella Decima Sinfonia incompiuta cha Mahler ci lascia nel 1911 l’anno della sua morte. Il compito è reso ancora più gravoso dalla committenza: la prestigiosa icona della musica classica Deutsche Grammophone che da un paio di anni sta provando a affidare a mani tecnologicamente esperte in manipolazioni pezzi pregiati del suo catalogo. Ma non si tratta questa volta di un repertorio “abusato” anche dai neofili (il Bolero di Ravel e i Quadri da una esposizione di Musorgskij) quanto di un lavoro il cui tema centrale risulta essere la morte percepita come prossima nel dolore di una crisi famigliare che lo portò ad incontrare anche Freud.

L’album, più che una rilettura dell’unico movimento completato da Mahler per questa sinfonia, è un’esplorazione interiore, una dilatazione che lavora su ricordi e su sovrapposizioni.  Un album spettrale in cui il sentimento interiore, cosi caro al compositore austriaco, è acutamente amplificato. 

Le registrazioni originali di Sinopoli del 1987 sono smembrate, filtrate, riregistrate attraverso espedienti tecnici e psicofonici nei luoghi cari a Mahler. Nel maso, a Dobbiaco in Val Pusteria, dove il compositore soggiornava nel periodo estivo, sino a quando la malattia cardiaca che lo fece morire non glielo rese impossibile, Matthew Herbert registra suoni e rifrazioni sonore del brano: dall’esterno del vetro riprende la natura; dall’interno risuona le parti dei violoncelli; riprende il suono da un car stereo; riprocessa il tutto amplificando rumori e dissonanze assieme a uccellini, automobili e porte che si chiudono sbattendo; libera interi minuti della composizione per poi ricercare ancora l’ultima orma rimasta dello spirito mahleriano anche rischiando l’eccesso di una registrazione dall’interno di una bara o all’interno di un forno crematorio. Algoritmi e fruscii interferiscono mesmericamente con la partitura, in un’esplorazione che ha più contatto con il sovrannaturale dell’anima che con una esclusiva esplorazione musicale. Album da ascolto pulito in cuffia o su un buon hi fi, come se l’universo racchiuso al suo interno fosse sufficiente, ricreazione di mondo a se stante da ammirare a bocca aperta e con un po’ d’inquietudine. 

Il disco dura 37 minuti, contro i 23 minuti della mia versione di riferimento quella di Rafael Kubelik, ed è diviso in 9 tracce per comodità ma ne sconsiglio vivamente, per esperienza personale, l’ascolto in random o per tracce isolate. Non si capirebbe nulla dell’opera e se ne perderebbe la poesia e il profondo senso mistico che appare unico, prezioso e nascosto nell’ascolto integrale dell’opera. Amplificare la solitudine e il profondo contatto con la morte sono i temi herbertiani e mahleriani a cui l’opera vuole rispondere e lo fa con una forza inaudita solo a patto di rispettarne le indicazioni.

Track List

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