Matteo Paggi Words
2024 - Aut Records
Questa seconda eventualità è quella che, fortunatamente, si riscontra in Words, interessante lavoro di Matteo Paggi (trombone), giovanissimo artista maceratese forte di studi classici e di militanza con un maestro del calibro di Enrico Rava.
Insieme a Iara Perillo (flauto), Irene Piazza (violino), Anja Gottberg (contrabbasso), Anton Sconosciuto (batteria) e, come ospite, Mona Creisson (violino e FX in Morire con la sabbia tra le dita) Paggi dà vita a una sessione in equilibrio tra composizione estemporanea e improvvisazione.
La differenza tra le due dimensioni può apparire tenue e, in qualche modo, sofistica ma non è così. La composizione estemporanea prevede un processo di creazione sul momento che, tuttavia, si manifesta nella sua organicità sia pur spontanea.
L’improvvisazione consiste invece in libere variazioni, del tipo potenzialmente più disparato, tese a derivare da un’idea di fondo che può essere un tema, una frase melodica o comunque un’idea base.
Le linee di presentazione del disco parlano di “metodo omonimo di composizione e improvvisazione”, sviluppato appositamente dal leader, che tende a fondere in continuità i due approcci sfociando in una tensione tra il fisico e l’intellettuale.
A favorire questa sintesi contribuisce il retroterra degli artisti in gioco, che va dalla classica al jazz, dal world moderno alla contemporanea.
Ne sortisce una ricerca sonora rigorosamente acustica, rivalutante i timbri degli strumenti e con approcci ritmici in equilibrio tra le varie radici, organicamente unite per una proposta decisamente attuale.
Tutto basato su dinamiche tenui e su strutture lineari, il disco offre all’ascoltatore una sensazione tra notturno e pastorale, scherzo e meditazione, relax e tensione con una dialettica molto efficace.
L’uso degli strumenti è per certi versi inusuale e inatteso; il trombone gioca tra il solenne e cadenze spezzate, il flauto spesso sfugge da una linea melodica base per preferire un vibrato con effetti anche psichedelici, il violino vibra con tensione, il contrabbasso e la batteria operano come sezione percussiva spesso algida.
Ne conseguono pagine che, in prima battuta, appaiono essere figlie dell’accademia contemporanea ma che accolgono contaminazioni che non suonano come citazioni ma come influenze estetiche.
Esempio chiaro in questo senso è Morire con la sabbia tra le dita, in cui echi world si fondono con visioni eurocentriche e vagamente mediterranee.
Per certi versi minimale e in generale con stampo cameristico, lo sviluppo del disco manifesta una chiara idea progettuale di matrice eminentemente europea, ben radicata nel patrimonio classico ma con evidenti forze centrifughe tipiche della musica improvvisata attuale.
Un caleidoscopio di stimoli in grado di soddisfare mente, spirito e corpo e, soprattutto, un “work in progress” che promette molto bene anche per il futuro.