Ballate dalla grande recessione<small></small>
Italiana • Canzone d`autore

Marco Sonaglia Ballate dalla grande recessione

2021 - Vrec / Audioglobe distribuzione

21/04/2021 di Mario Bonanno

#Marco Sonaglia#Italiana#Canzone d`autore

Dato il reiterarsi di contenuti a vuoto, dichiaro senza giri di parole che la canzone priva di contenuto si palesa come il più inessenziale dei media. Sulla scorta di questo postulato, Ballate dalla grande recessione va accolto come album in contro-tendenza, un lavoro di scorza significativa, e dunque fieramente, rigorosamente, coraggiosamente cantautorale. Le ballate sono ballate di senso autentico: coloritura armonica a misurato sostegno della voce (chitarre, tastiere, armonica, violoncello), versi mai succubi della metrica (li firma il poeta civile Salvo Lo Galbo), felicemente sbiechi, spessi, letterari, intrecciati al sociale al punto da connotare il lavoro come un lavoro di denuncia. Un album ideato con intento poetico-politico al tempo del silenzio assordante e della deriva destrorsa, pur senza i toni comizianti del protest-song (“Lavatevi le mani/ tenete la distanza (…) “morire sì, ma sani” / ordina l’ordinanza” dichiara Primavera a Lesbo; e in La mia classela mia classe ha gli occhi in terra/ la impaurisce, la confonde/ questa quotidiana guerra/ che il nemico le nasconde”).

Ballate dalla grande recessione (economica ma, in senzo lato, di slanci, di lotta, di idee), in altre parole, procede per quadri ordinari di ordinaria coercizione. Dalla rivoluzione tradita dalla Cuba castrista (Ballata per Cuba) alla violenza di stato perpetuata sui deboli (Stefano Cucchi di Ballata per Stefano; l’operaio di Ballata dell'articolo 18; il sindacalista bracciante maliano fucilato alla testa di Ballata per Sacko); sugli uomini lasciati morire per guerre e per mare (Ballata della vecchia antropofaga, alias la “società capitalistica che non ha non ha mai cessato di far degli uomini carne per altri uomini, ha invece solo sofisticato i mezzi del cannibalismo”). Tra una traccia e l'altra del cd, varrebbe quasi la pena ricordarsi di Marx: ogni conflitto è in primo luogo conflitto di classe: lo scontro impari e sovente sottaciuto fra i detentori dei mezzi di produzione (leggi vecchi e nuovi poteri) e un Quarto stato, allo stato attuale sempre meno cosciente, sempre meno rappresentato. Le ballate che omaggiano l’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano in Ballata dello zero (ricordate?, venne apostrofato come “uno zero” dall’allora ministro dell’interno Matteo Salvini per questioni riguardanti l’accoglienza di migranti e richiedenti asilo) e la ballerina ebrea polacca Lola Horovitz che ad Auschwitz decise di morire combattendo (Ballata a una ballerina) si assumono, in tal senso, come paradigmi resistenziali.

Dignità e consapevolezza sono soltanto due delle prerogative ontologiche immolate ai miti del consumo e delle libertà obbligatorie (per dirla con Gaber). A partire dalla metà degli anni Ottanta (il decennio finto-soap che inaugura l'attuale deriva) alcuni fra i cantautori abiurano dai fervori sociali che ne hanno attraversato i dischi. Claudio Lolli è tra i pochi a non recedere da sé stesso - cioè dall’impegno, dal marxismo, dalla sua poetica, dalla sua intelligenza -, brechtianamente attestato sempre dalla parte del torto. In Ballata per Claudio Salvo Lo Galbo e Marco Sonaglia lo ricordano attraverso screziature di quella malinconia pro-attiva che lui avrebbe apprezzato: “Godot è venuto e d’occhi ha avuto i tuoi/ l’indirizzo di una certa Maria/ e la giacca di quelli come noi/ E la piccola vecchia borghesia/ il vento non l’ha più spazzata via/ e decupla in fascismo le cervici/ l’idra della socialdemocrazia/ E chi ha più visto Zingari felici? Abbiamo perso i vent’anni, e le crisi/ e perso i festival del sottosuolo/ resta che non conosciamo sorrisi/ resta di Keaton l’assoluto assolo/ sogni diventate zanzare in volo (…) Com’è l’amore ai tempi del fascismo/ ora faremo la nostra esperienza/ con gli auguri di fine catechismo di questi tempi di guerra in sua assenza/ di passi falsi e di falsa partenza”.

In ultima analisi, Ballate dalla grande recessione risulta essere un disco pensato, scritto, cantato a schiena dritta. Un album che sa dove vuole arrivare, ci arriva, e conosce il fatto suo. Lo conosce per forma, intenti, e contenuti: scritto bene, suonato altrettanto, concepito con coraggio e teleologia disalienante. Musica per le orecchie di chi è convinto che a canzoni si fan rivoluzioni. E, nella fattispecie, anche poesia. Indicativa la dedica, che chiude a destra la prima pagina del book-let. Recita: “Questo album eÌ€ dedicato alla memoria di Ermanno Lorenzoni, sindacalista SGB, militante e quadro rivoluzionario del Partito Comunista dei Lavoratori. Un amico, un compagno, un esempio”. In tempi di memorie corte e coscienze a gettoni doveroso citare. Speriamo possa servire "a chiarire le idee a qualcuno", come ha lasciato scritto Luigi Tenco.

 

 

Track List

  • PRIMAVERA A LESBO
  • BALLATA PER CUBA
  • BALLATA PER STEFANO
  • BALLATA PER CLAUDIO
  • BALLATA DELLA VECCHIA ANTROPOFAGA
  • BALLATA A UNA BALLERINA
  • BALLATA DELLO ZERO
  • BALLATA PER SACKO
  • BALLATA DELL`ARTICOLO 18
  • LA MIA CLASSE