Los Lobos The ride
2004 - MAMMOTH RECORDS
Invece i Los Lobos sono andati sul sicuro: hanno organizzato una festa a casa loro, da dove si scorgono le luci di Los Angeles e in lontananza il confine messicano, e si sono divertiti a suonare pescando qua e là nel loro repertorio. Non si sono dati cura di stilare una lista degli invitati, ma hanno chiamato i più affezionati e quelli che per primi sono venuti alla mente: ne è uscito un party divertente e animato, ma non una serata da immortalare, né tantomeno un evento.
È quello che succede ultimamente nei loro dischi: buoni lavori, grande anima, ma senza il giusto nerbo, senza quella direzione necessaria per essere grandi album. Forse i Los Lobos non hanno più quella fame che riempiva i loro primi dischi o forse manca loro quella fantasia innovativa che c’era in “Kiko”: più semplicemente credo abbiano ormai raggiunto una tale quantità e qualità da faticare ad incanalare la loro forza. Le anime a disposizione all’interno della band eccellono per massa e per composizione, al punto che è difficile rinunciare anche solo ad alcune di esse.
Un po’ di fatica c’è anche in quel “Los Lobos still are” con cui nel booklet è introdotta la formazione: è vero che quello “still” contiene la storia della band, ma insinua anche un sospetto di stanchezza.
Azzardando sul suono, sembra necessario trovare una direzione ardita, come quella di quel lavoro incerto ma coraggioso che era “This time”: c’è bisogno di rischiare e di convergere, per evitare celebrazioni e reimpasti.
Questo è il maggior difetto di “The ride”: c’è il r&b torrido, c’è il rock sferragliante, c’è il soul meticcio, c’è la ballata ispanica, c’è il blues corposo e il western sobrio. In più ci sono gli ospiti, che portano ognuno qualcosa, come si conviene, ma senza conoscere il tema della serata: così Tom Waits si trova a scherzare su un ritmo cubano con Martha Gonzalez, Mavis Staples e Bobby Womack ingrossano un paio di pezzi con le loro voci, mentre Garth Hudson e Greig Leistz ci mettono del loro qua e là. Ad essere davvero riusciti sono “Wreck of the Carlos Rey”, una ballata che è una saga elettrica con Richard Thompson, e “Matter of time”, un cameo pianistico col miglior Elvis Costello degli ultimi tempi. Ma sono episodi, di quelli che possono succedere per incanto ad una festa, senza il minimo di programma.